Giu 052019
 

Il problema plastica oramai è universalmente noto. È un materiale non biodegradabile ottenuto da idrocarburi come il petrolio, che immesso nell’ambiente lo inquina in maniera permanente. Soprattutto i mari sono oggetto di un grave inquinamento perché la plastica in mare si decompone molto lentamente inquinandone la superficie e i fondali, ma una volta che si disgrega in frammenti piccolissimi viene ingerita dai pesci dei quali, poi, noi ci nutriamo assumendone indirettamente durante l’alimentazione.

Molte sono le ricerche in corso per trovare una soluzione alla plastica e anche le nazioni si stanno muovendo in questa direzione; è di pochi giorni fa, la decisione della Comunità Europea di eliminare entro il 2021 la plastica monouso causa maggiore di inquinamento dei mari e del pianeta in generale.

Una soluzione interessante sembra giungere dai ricercatori del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America, lo United States Department of Energy, dal Lawrence Berkeley National Laboratory dove è stato creato un nuovo materiale plastico totalmente riciclabile denominato poly-diketoenamine o PDK.

La caratteristica incredibile di questo nuovo materiale, è quella di poter essere smontato a livello molecolare per poi essere ricomposto per formare oggetti diversi con nuove tessiture, colori, forme, infinite volte senza perdita di prestazioni e qualità. 

Normalmente le molecole dei materiali plastici nascono da cosiddetti monomeri, ossia molecole molto semplici capaci in determinate condizioni fisiche, calore e pressione o altro, di legarsi insieme con altri monomeri a formare molecole anche molto complesse chiamate polimeri. Queste sostanze, però, una volta utilizzate non possono più essere riutilizzate per cui finiscono necessariamente in discarica con ulteriore inquinamento.

I monomeri di PDK, possono invece essere completamente separati dai loro additivi immergendolo oggetto in una soluzione particolarmente acida. Quindi, in questo nuovo materiale i legami immutabili delle plastiche convenzionali, vengono tramutati in legami reversibili che fanno sì che il materiale possa essere più e più volte riciclato in modo molto efficace e senza nuovo inquinamento.

Per cui, qualunque oggetto realizzato in PDK può essere scomposto e ricomposto in qualunque altro oggetto cambiando, di conseguenza, la forma, il colore, le proprietà e senza mai dover gettare l’oggetto nella discarica.

Adesso, partendo da questa nuova scoperta, i ricercatori stanno lavorando su varianti che consentano di realizzare una vasta gamma di prodotti derivati dal PDK con proprietà termiche, meccaniche, fisiche e chimiche differenti, così da poter utilizzare questo nuovo materiale, totalmente riciclabile, in ogni possibile campo di applicazione.

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Gen 162019
 

Era il 2004 quando due ricercatori, Andre Geim e Konstantin Novoselov, scoprirono quasi per caso un materiale che può definirsi senza ombra di dubbio il “materiale delle meraviglie“: il grafene. L’incredibile scoperta di cui ancora non si son ben definiti i limiti, è valsa dopo soli 6 anni, il premio Nobel per la Fisica ai due ricercatori.

Andre Geim e Konstantin Novoselov

Dotato di proprietà straordinarie che, hanno consentito di rivedere molte delle caratteristiche fisiche e chimiche conosciute, elencare le proprietà del grafene è quasi impossibile.

Partiamo dal fatto che è il materiale più sottile al mondo. Ha una struttura piana fatta di un reticolo dello spessore di un solo atomo, quando si pensava che non potessero esistere materiali con struttura atomica di questo spessore. Pensate che per ottenere un solo millimetro di questo materiale, bisognerebbe sovrapporne ben 3 milioni di strati.

Grazie al suo incredibile spessore, gli elettroni si spostano su una superficie, anziché su un volume. In questo modo, nel loro percorso non dovendo passare all’interno del materiale, scorrono come in un fiume, non scontrandosi con altre particelle che, come negli altri materiali conduttori tradizionali, li rallenterebbero e per attrito trasformerebbero parte della loro elettricità in calore da dover poi dissipare. Questo lo rende un conduttore elettrico eccezionale, 250 volte migliore del silicio e contemporaneamente non svilupperebbe calore al passaggio della corrente.

Una delle prime applicazioni del grafene in campo energetico è stata una lampada LED molto più potente, efficiente e durevole di qualsiasi altro tipo di illuminazione.

Ha una incredibile elasticità che permette di allungarlo fino al 120% della sua lunghezza, ma nonostante ciò è più duro del diamante. Questo ha consentito agli scienziati di creare una sorta di spugna da utilizzare in campo edile, decine di volte più resistente dell’acciaio.

E’ trasparente e la distanza dei suoi atomi è talmente ridotta da risultare impenetrabile da qualunque sostanza, compresi i più piccoli atomi, ossia quelli dell’elio. Questa proprietà lo rende perfetto per realizzare filtri in grado di separare l’acqua da qualunque altra sostanza rendendola assolutamente pura, oppure filtrando totalmente il sale dell’acqua marina trasformandola in acqua dolce.

Filtro al grafene

Grazie al grafene sono state realizzate nuove lampade a LED molto più efficienti, durevoli e potenti di qualunque altro tipo di illuminazione ad un costo decisamente ridotto.

Lampade LED in grafene già in commercio

Ma gli obiettivi sono molto più ambiziosi; proprio in virtù della sua struttura molecolare impenetrabile, il grafene potrà essere utilizzato per scomporre le molecole d’acqua così da ottenere l’idrogeno puro, già definito il carburante del prossimo futuro.

Il grafene potrà essere utilizzato anche per la creazione di pannelli fotovoltaici di nuova generazione. Una pellicola di grafene, spruzzata su un pannello, sostituirebbe il platino utilizzato adesso, abbattendo i costi di ben 10 mila volte e soprattutto nei pannelli al grafene, ogni singolo fotone ecciterebbe ben 2 elettroni, creando un effetto a cascata capace di creare una conversione della luce in elettricità di gran lunga superiore. Senza dimenticare che il grafene è pressoché trasparente, per cui uno strato di questo materiale sui vetri delle finestre consentirebbe di produrre tanta elettricità lasciando passare la luce.

E questo è solo l’inizio. Per capire esattamente a cosa siamo di fronte servirà del tempo, ma è indicativa una frase pronunciata durante un’intervista ad uno dei due scopritori, Andre Geim, quando gli chiesero a cosa potesse servire il grafene. Egli rispose: “Non lo so. È come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po’ di tutto, penso“.

La rivoluzione, insomma, è appena iniziata.

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