Ott 282019
 

Siamo passati molto rapidamente dagli antichi SMS, cioè gli Short Message System con i quali potevamo mandare al massimo 60 caratteri al nostro interlocutore, agli MMS ossia Multimedia Message System ed oggi ancora più completi come i sistemi di messaggistica su WhatsApp, Telegram o altri, con i quali possiamo inviare contenuti di ogni tipo, immagini, video, file, suoni, oltre al classico testo.

Ma se riflettiamo fino in fondo manca ancora qualcosa e i nostri sistemi di messaggistica sono incompleti perché incapaci di trasmettere parametri quali quelli olfattivi e di tatto. Un gruppo di ricercatori dell’Imagineering Institute che ha sede a Nusajaya in Malesia, sta lavorando in questa direzione, soprattutto in quella per riuscire a trasmettere gli odori attraverso Internet. E’ ovvio che l’odore non potrà essere canalizzato all’interno di circuiti elettrici o ai cavi di connessione della rete convenzionale, questa trasmissione potrà avvenire attraverso un approccio diverso.

Una serie di 31 volontari si sono sottoposti a un test molto particolare. All’interno delle loro narici sono stati posizionati degli elettrodi che avevano il compito di trasmettere specifici impulsi elettrici a bassa intensità a un gruppo di neuroni situati al loro interno nella parte alta. Questi sono quei recettori capaci di reagire allo stimolo olfattivo inviando l’impulso odoroso direttamente all’area del cervello responsabile della percezione degli odori quindi. In pratica i ricercatori hanno cercato di convertire in impulsi elettrici gli odori percepiti in modo da poter essere inviati digitalmente attraverso la rete per poi essere nuovamente convertiti in odore da apposite strumentazioni elettroniche. Nell’esperimento sono stati utilizzati 10 odori campione, tra cui legna, frutta e menta. L’esperimento ha dato dei risultati parziali perché gli odori non potevano essere preventivamente scelti e controllati alla fonte, ma questo ha aperto la strada a ulteriori sviluppi. Sicuramente l’idea futura dei ricercatori è quella di inserire degli appositi elettrodi sui naselli di speciali occhiali che faranno da recettori degli odori al posto delle apparecchiature da inserire all’interno delle narici, anche perché evidentemente scomode e poco pratiche.

Si tratta sicuramente di una futuristico quanto interessante sviluppo del nostro sistema di trasmissioni, che dal sonoro è passato alle immagini, al video e infine alla trasmissione di dati in diversi formati. Ma, come ci fanno notare gli stessi ricercatori che conducono questi studi, lo sviluppo di una tecnologia del genere richiederà probabilmente alcune decine di anni per essere sviluppato ad un livello da poter avere una diffusione di massa.

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Ago 302017
 

WALTY_Scroll

E’ un progetto avveniristico, fantastico e visionario, ma il suo creatore Marco Attisani, un italiano alla guida di un team di 35 ingegneri ci crede profondamente al punto di essere sicuro di passare alla storia. Ma cos’è Walty? E cosa c’entrano acqua, elettricità e internet?

Tutto nasce dalle considerazioni fatte dalla World Health Organization che afferma come nel prossimo futuro circa un miliardo di persone nel mondo non avranno accesso a fonti di acqua potabile e 33 nazioni dovranno fare i conti con stress idrico definito di livello estremamente alto.

Inoltre, due miliardi di persone non avranno accesso all’elettricità e peggio ancora 5 miliardi saranno tagliati completamente fuori dalla connessione alla rete internet.

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La World Health Organization ha inoltre emesso altri comunicati in merito alle necessità mondiali nel prossimo futuro con particolare riferimento ai beni primari. Il 70% della superficie terrestre è vero, è ricoperto di acqua, ma di questa ben il 97% è salata, quindi non potabile. Del restante 3%, il 2% è congelata nei ghiacciai ai poli e solo il restante 1% è dolce, quindi, potabile. Ma la cosa drammatica è che di questa residuale percentuale, necessaria a sfamare il mondo, circa il 70% subisce delle contaminazioni varie che la rendono pericolosa per la salute umana provocando nel mondo ogni anno la morte di migliaia di persone.

Gran parte della popolazione non ha accesso all’elettricità attraverso fonti pulite finendo per utilizzare legna, carbone e residui da colture che emettono sostanze nocive nell’atmosfera provocando altro inquinamento.

Infine, ci informa che la mancanza di connessione alla rete internet, significa per chi ne è sprovvisto, la mancanza di accesso al futuro.

Walty nasce da tutto questo. E’ un sistema in grado di purificare l’acqua da qualunque inquinante e nel far ciò, questo sistema, riesce a produrre elettricità e fornire connessione internet in quei luoghi ove questi beni non sono disponibili come nei paesi del terzo mondo.

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Watly, è una lunga macchina, circa 35 metri che pesa qualcosa come 10 tonnellate. E’ modulare, nel senso che differenti elementi possono essere collegati tra di loro formando una rete. Il costo è elevato, ma i risultati prodigiosi; si parla di 2 o 3 milioni di euro a seconda la configurazione scelta. Per produrla sono necessari circa nove mesi ma solo 5 giorni per installarla.

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Watly sfrutta un principio fisico chiamato distillazione a compressione di vapore, considerata attualmente come una delle più efficaci tecniche per la purificazione e desalinizzazione delle acque. Questo modulo, si alimenta ad energia solare tramite pannelli fotovoltaici, non richiede carburanti di alcun genere e riesce efficacemente a purificare l’acqua da qualunque tipo di contaminazione sia fisica, che chimica che batteriologica. Desalinizza l’acqua oceanica, elimina tutti i batteri patogeni e i microorganismi in essa presenti, parassiti, funghi, rimuove sostanze inorganiche e veleni come l’arsenico, piombo, mercurio, benzene, cloro ed altre sostanze ritenute le principali responsabili del suo inquinamento. Riesce anche purificare l’acqua con presenza di radioattività. L’acqua prodotta è acqua distillata debolmente mineralizzata, le cui proprietà possono essere modificate in base alle esigenze del paese di installazione.

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Watly riesce a purificare circa 10.000 litri di acqua al giorno generando come effetto di questo processo, circa 100 chilowatt di elettricità nello stesso tempo. Realizza in questo modo una sorta di batteria off-grid che può immettere sulla rete tutta l’energia prodotta; un insieme di questi moduli può consentire la realizzazione di una vera e propria centrale elettrica (un network) da utilizzare in quei luoghi dove non è possibile far giungere la normale rete di distribuzione.

WALTY05

L’idea di Watly è venuta a Marco Attisani sulla spinta dei precedenti fallimenti. Aveva creato diverse start-up con l’idea di realizzare qualcosa di rivoluzionario, ma i progetti si erano arenati senza portare a grandi risultati. Allora, egli, ha rivolto le sue attenzioni ai sistemi per la depurazione delle acque marine senza l’uso di combustibili fossili e nel 2013 è nata la prima versione di Watly.

WALTY09

Prima versione di Watly

Resosi conto che non esisteva un sistema simile al mondo ha contattato un ingegnere termodinamico su amico, Stefano Buiani, è hanno dato un’accelerazione a questo innovativo progetto.

La bontà del progetto, è stata subito comprovata dai  riconoscimenti raccolti, come il Premio Marzotto e il Search On Media Group al Web Marketing Festival di Rimini. Inoltre, sono stati stanziati fondi per 2 milioni di euro da Horizon 2020 e il progetto Watly è stato inserito nel programma dell’European Space Agency.

GUARDA I VIDEO:
https://vimeo.com/128782376 https://vimeo.com/123499701
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Apr 282016
 

lg_ItalianInternetDay

Su iniziativa del prof. Lorenzo Bordonaro che insegna italiano nella nostra scuola, iniziativa a cui ho aderito con piacere, si festeggerà a scuola in alcune classi il trentennale di internet in Italia.

Internet, come alcuni sapranno, è nata negli anni ’60 negli Stati Uniti d’America e da quel momento il mondo non è stato più lo stesso. Una serie di eventi, menti visionarie e eccellenti, hanno fatto si che il mondo come lo conoscevamo fosse definitivamente tramontato. Un cambiamento radicale, nelle abitudini ma anche nei gesti, un cambiamento talmente profondo da aver quasi fatto dimenticare come era il mondo prima dell’avvento delle RETE.

01 Bambini e Internet

I passaggi storici riscoperti attraverso semplici ma divertenti video, ma anche l’analisi e la discussione degli aspetti più reconditi e pericolosi che questa rete globale porta con se.

Una lezione semplice, partecipata coinvolgendo gli alunni con le loro esperienze e le loro aspettative, mediate da noi docenti, per scoprire e per capire meglio cosa si nasconde dietro uno degli strumenti più utilizzati della nostra epoca.

Programma prof. BETTO

  • presentazione dell’internet day italiano e dell’evento nella nostra scuola;
  • video sulla storia di internet;
  • breve dibattito;
  • divertenti “corto” sui pericoli della rete;
  • dibattito finale.

Programma prof. BORDONARO

  • Breve storia della rete;
  • Prima e dopo;
  • Generazioni connesse “Caccia al Super ERRORI”;
  • Dibattito.

La durata di circa un’ora durante la quale potrà essere effettuato un video sull’evento che consentirà alla scuola di partecipare al concorso proposto dal MIUR, #internetdayatschool, secondo le modalità e i termini previsti dal bando.

L’evento è sponsorizzato dal Ministero dell’Istruzione e presenta tutta una serie di attività visibili sulla rete per tutta la giornata del 29 aprile.

LINK SITO UFFICIALE:
IL VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE:

Ago 032014
 

01 - FIBRA

In Germania, alcuni ricercatori della Danmarks Tekniske Universitet sono riusciti a creare la rete in fibra ottica più veloce al mondo, una singola fibra multi-core capace di trasferire 43 terabit al secondo, l’equivalente a 5,4 terabyte al secondo, con un solo trasmettitore laser.

02 - FIBRA

Nel passato, molti altri studi e dimostrazioni, hanno tentato di raggiungere tali traguardi, ma si trattava sempre di laser multipli su più fibre e non come nell’attuale realizzazione, utilizzando un  solo laser e la rete in fibra esistente. Cosa significa questo? Molto, basti pensare che un film da 1Gb potrebbe essere trasferito per intero in meno di 0,2 millesimi di secondo potendo la rete di fatto trasferire simultaneamente 5,4Tb al secondo.

Per i suoi creatori, questa è la strada giusta per cambiare a aggiornare internet per il futuro. Queste infatti potrebbero essere le velocità di download normali utilizzate in tutte le nostre case.

03 - FIBRA

Vedere la TV on-demand, scaricare un’intera serie televisiva, visionare contenuti in 4k (quattro volte la risoluzione del Full HD) sarà un’operazione normale e rapidissima. Lavorare in remoto condividendo file di grosse dimensioni potrebbe essere alla portata di tutti, oltre all’immensa quantità di opzioni nuove che questo tipo di rete potrebbe garantire e supportare.

Come sempre stare a vedere e raccontare.

Articoli1

 

Dic 302013
 

Docente 2.0.3

Le mie personali riflessioni sulla nuova funzione docente nella scuola: prof. Davide Betto.

La Classe 2.0 lo si voglia o no, rappresenta di per se uno momento di innovazione e sperimentazione, non solo per gli studenti, ma soprattuto per gli insegnanti costretti, loro malgrado, a mettere in discussione l’intera procedura operativa finora utilizzata basata sull’esperienza e la pratica quotidiana. Non si tratta di apprendere nuovi contenuti, ma di adattare i vecchi ad una nuova tipologia di comunicazione, di trasmettere il sapere attraverso strumenti diversi e quindi di riprogettare e rivedere l’intero modo di fare lezione. L’elettronica e l’informatica, grandemente diffusi nella società contemporanea, hanno cambiato il modo in cui i ragazzi si relazionano e interagiscono tra loro e con il sapere. L’approfondimento avveniva attraverso la consultazione di vocabolari e enciclopedie; oggi avviene sempre attraverso questi strumenti, ma in formato digitale, e soprattutto attraverso la rete, wikipedia, youtube, googlearth per citarne alcuni. La corrispondenza si invia attraverso le email, la comunicazione passa attraverso Whatsapp, Viber, Skype e i social network. Tutto è stato cambiato dalla rete e dalla sua diffusione. La banda larga, la connettività mobile diffusa, strumenti sempre più piccoli e sempre più potenti consentono di essere connessi con il mondo in ogni istante abbattendo distanze e limiti fisici. Una scuola attuale e in linea con i tempi necessita di infrastrutture che fino a qualche anno fa erano considerate irrealizzabili e impensabili. Connettività wi-fi, laboratori multimediali, lavagne interattive, sono strumenti necessari per realizzare questo percorso. Ma dall’altro lato servono anche operatori aggiornati e capaci di utilizzare questi strumenti. Il docente 2.0 deve essere in grado di padroneggiare questi strumenti, ma soprattutto non deve avere paura di sperimentare e sperimentarsi. Deve svolgere il proprio ruolo di educatore al passo con i tempi, essere in grado di anticipare i propri alunni come è sempre accaduto nel passato in merito ai contenuti e alle modalità di somministrazione. Insegnare in una Classe 2.0 significa essere un docente moderno, aggiornato e capace di trasmettere il sapere in un modo nuovo idoneo ai nuovi alunni, i cosiddetti nativi digitali.

Docente 2.0.4

Il docente 2.0 deve smettere i panni del cattedratico e assumere un nuovo ruolo. In questa nuova dinamica, assumerà le vesti del coach, del team leader, ossia dell’allenatore o della guida di questa nuova squadra di lavoro. Organizzerà, affiderà i compiti, indirizzerà nelle scelte, indicherà gli strumenti con i quali gli studenti si dovranno confrontare. Non deve più fornire i contenuti, ma deve insegnare a costruirli attraverso gli strumenti multimediali che il gruppo di lavoro possiede. Quindi, come si può intuire, un cambiamento totale nelle modalità insegnamento-apprendimento. L’alunno apprende direttamente attraverso la costruzione della lezione di cui diventa parte attiva e integrante, mentre il docente-coach lo aiuta nel difficile compito del discernere tra le informazioni raccolte e nella costruzione di un percorso apprenditivo corretto. Questa operazione può essere svolta sia in classe che a casa attraverso azioni di tutoring a distanza attraverso la condivisione di spazi e documenti sulla rete. Anzi, buona parte del lavoro va proprio svolta lontano dal luogo di lavoro (classe). A casa il discente ha maggior tranquillità e maggior tempo per selezionare le fonti e strutturare il percorso didattico. Può interagire in qualunque momento con il docente, con i compagni, può utilizzare gli strumenti che gli sono più familiari.

Docente 2.0.1A scuola si svolgerà tutto il lavoro di organizzazione e assemblaggio di quanto prodotto a casa. I contenuti raccolti da ciascun gruppo diverranno parte integrante di un documento comune che dovrà essere accessibile a tutti e condiviso sulla rete e efficacemente pubblicizzato.

Sarà come far combaciare i pezzi di un puzzle di cui solo il docente conosce l’immagine finale, facendo in modo che gli studenti giungano da soli al risultato desiderato.

LEZIONE ATTIVA

Seguendo tempo fa un corso sull’uso dell’iPad in classe e della nuova didattica ad esso legata, ho colto degli aspetti e delle informazioni che non mi sarei mai immaginato di trovare in quella sede. L’esperto chiamato a informarci, docente e autore di diversi libri sul tema, ci ha coinvolti in un gioco interattivo, con il quale ha voluto dimostrarci come le modalità di apprendimento e di interazione degli studenti è cambiata e di come questa possa essere pilotata e controllata in modo più efficace di come avviene oggi in classe. Ha definito questo modo di insegnare ATTIVO, contrapponendolo al modo tradizionale di insegnare e spiegare definito, in quella sede, PASSIVO. Ora, non volendo entrare nel merito delle definizioni, che ognuno di noi potrà considerare corrette o meno, mi hanno colpito alcune considerazioni da lui elaborate nel corso del gioco ed avevo piacere di condividere questa esperienza che, per me, è stata illuminante, con voi.

Ha avviato un video di una lezione definita “attiva” da lui tenuta in cui un gruppo di studenti seduti attorno ad un tavolo ragionavano sull’argomento assegnato loro dal docente. Ad un certo punto ha fermato l’immagine e ci ha chiesto di individuare ciò che secondo noi non andava in quel fermo immagine. Dopo qualche tentativo, uno di noi si è accorto che una ragazza del gruppo di lavoro stava scaricando un gioco. Nulla che avesse a che fare con la lezione o il compito assegnatole. 

Docente 2.0.5

L’esperto ha allora esordito con una considerazione che a mio avviso, anche se con qualche riserva, non faceva una piega. L’alunna in questione, durante una lezione tradizionale, ossia frontale, probabilmente si sarebbe distratta lo stesso, di nascosto con il cellulare, o con qualche altro oggetto nella sua cartella o sul banco. A quel punto noi potremmo non esserci accorti di questa sua distrazione (lui l’ha definita USCITA dalla lezione). Uscendo, l’alunna in questione, ha praticamente interrotto l’apprendimento dei contenuti da noi in quel momento somministrati alla classe. Ne è uscita in maniera definitiva, perché noi non spiegheremo più quella lezione o peggio ancora, per chi quel giorno è assente da scuola, perché non potrà mai avere la possibilità di partecipare alla spiegazione del docente. Nel caso di una lezione attiva, invece, l’alunno è parte della lezione, per cui la sua uscita, anche se temporanea, per giocare, scaricare un software o semplicemente per chiacchierare, è solo temporanea; infatti, essendo egli stesso parte della lezione, che dovrà costruire e realizzare, può uscire e rientrare nel processo infinite volte. In questo caso, il messaggio non arriva dal docente, ma lo deve costruire lui; è lui che dovrà completare il tassello del mosaico di cui è responsabile e che, dovrà combaciare e combinarsi con quello degli altri compagni.


Classe-2.0Riprendendo la visione del video, l’alunna, effettivamente, qualche istante dopo era di nuovo all’opera a completare il suo lavoro e la distrazione o l’interruzione non avevano minimamente influito sul suo ruolo o sulla qualità del suo elaborato.

Ora, comprendo che probabilmente l’esperto in questione si possa essere trovato in una condizione ideale, alunni corretti e partecipativi, strumenti idonei, mentre in molte nostre realtà questo non è possibile o non è addirittura pensabile, però apre parecchi spunti di discussione.

Ma,…li scopriremo insieme nel prossimo capitolo dedicato alla Classe 2.0 intitolato: CLASSE 2.0 alla DANTE ALIGHIERI.

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Ott 072013
 

classe20Signori, si parte. Con un pò di ritardo (ci perdonerete per questo), ma anche nella nostra scuola si avvia la sperimentazione delle Classi 2.0.

Però, prima di entrare nel merito, molti di voi si staranno chiedendo cosa sono le Classi 2.0.

Il Ministero nelle sue note introduttive scrive “L’azione Cl@ssi 2.0 intende offrire la possibilità di verificare come e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere trasformato.“.

In pratica, attraverso l’uso di nuove tecnologie si sperimentano nuovi traguardi di insegnamento più vicini alle nuove generazioni. Azione che mette in gioco soprattutto gli insegnanti di una scuola, quella italiana, che non brilla certo per innovazione. Classe 2.0 non vuol dire soltanto usare il computer in classe; vuol dire sperimentare nuove forme di insegnamento, nuove procedure, nuovi strumenti di lavoro. Vuol dire scardinare il processo comunicativo e se possibile in alcuni casi invertirlo. L’allievo non deve essere più lo spettatore passivo di questo processo, ma una parte integrante della lezione, deve essere lui stesso lezione. La collaborazione con l’insegnante e con i compagni nella costruzione di un percorso apprenditivo, lo lega indissolubilmente a questo, rendendolo una sua parte. L’alunno, non ascolta la lezione, ma la fa, la crea insieme agli altri attori di questo spettacolo che sono i compagni e gli insegnanti. Computer, LIM, tablet, internet, sono non più un corollario a questa attività, ma gli strumenti attraverso cui realizzarla. Social network, programmi di messaggistica, cellulari, sono i mezzi con cui questa generazione interagisce e realizza i propri processi comunicativi e di socializzazione. Ed è attraverso questi strumenti che una scuola moderna e avanzata, deve realizzare il suo percorso di avvicinamento alle nuove generazioni di nativi digitali.

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Nasce così, sulla scorta di altre sperimentazioni già realizzate in Europa, il progetto Classi 2.0. Si tratta di un processo che si attiva a diversi livelli e non soltanto a quello dell’insegnamento/apprendimento. Si tratta di un processo che coinvolge le scuole nella loro autonomia, nel piano dell’offerta formativa che si vuole fornire al territorio. Un’innovazione centrata non tanto sulla tecnologia e i suoi strumenti, ma sulle dinamiche che questo processo è in grado di innescare sul territorio.

Classe20SOSGli insegnanti sono chiamati, perciò, ad un arduo compito. Debbono mettersi in gioco; smontare la propria struttura metodologica e sperimentare. Usare la propria esperienza didattica per imparare la tecnologia avendo sempre in mente lo scopo didattico delle scelte effettuate quando si prova a costruire una lezione con modalità nuove.

Bisogna partire dal principio che quello che si insegna è fondamentalmente sempre uguale, mentre sono sempre diversi i soggetti con cui si interagisce e la realtà che li circonda.

Gli strumenti tecnologici richiesti all’interno di una Classe 2.0, non sono la soluzione a tutti i problemi, ma i mezzi concreti con cui un docente può accorciare le distanze che lo separano dalla società digitale verso cui ci stiamo dirigendo.

2.0 ALLA DANTE

dante2E’ sulla scorta di queste premesse che anche noi della Dante iniziamo quest’anno la sperimentazione. Abbiamo deciso di aggiornare la nostra offerta formativa con strumenti nuovi quali le Classi 2.0, appunto, i registri elettronici e le LIM nelle classi. Come in ogni percorso nuovo e sconosciuto, anche noi siamo consapevoli degli errori e dei ritardi che questo potrà causare, ma era giusto partire e provare sul campo questi nuovi percorsi che tanto successo e risultati stanno dando in altri paesi.

Una classe, la prima H composta da 22 alunni, un cablaggio specifico dell’aula, dei computer portatili in comodato d’uso, una LIM touch, software didattici e tanta buona volontà sono gli strumenti con cui questo Consiglio di Classe si è armato ed è partito. Ci consideriamo dei pionieri, ma speriamo di riuscire a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e di poter, dall’anno prossimo iniziare a condividere con altri colleghi, i risultati di questa sperimentazione.

Galleria

Set 012013
 

internet.org2I grandi della terra si uniscono. Le grandi società che hanno fatto fortuna attraverso la rete, propongono in questo terzo millennio di unire gli sforzi per raggiungere i 5 miliardi di utenti che non sono connessi. Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha affermato: “Se Internet è uno dei principali volani per la diffusione della conoscenze e lo sviluppo, allora è doveroso che tutti vi abbiano accesso”. Partendo da questo concetto, si è fatto promotore di questo progetto di globalizzazione web coinvolgendo anche altri colossi quali: Ericsson, MediaTek, Nokia, Opera, Qualcomm, Samsung.

L’obiettivo dichiarato, è quello di raggiungere ed estendere la copertura web in zone più scoperte quali l’Africa. Questo progetto di estensione della connettività vede già impegnata Google che sta utilizzando palloni aerostatici dotati di antenne radio, che volteggiando sopra i cieli della aree non coperte dal servizio, permettono di rendere accessibile la rete anche in quella zona.

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Internet.org, ha invece l’obiettivo di raggiungere queste aree attraverso la connettività mobile, area in cui facebook è leader. infatti, la società di social network ha reso disponibile la propria app anche per i telefonini low-cost e poco smart, molto diffusi nei paesi sottosviluppati.

Il progetto ha anche mosso numerose critiche verso il leader di Facebook in merito all’aspetto economico della vicenda, il quale ha però così risposto: “Se volessimo solo pensare ai soldi, sarebbe sufficiente il miliardo di persone che è già connesso a Facebook. Ha più disponibilità economica di tutti gli altri 5 miliardi di persone che non accedono al web nel mondo”.

Siamo anche noi per la massima diffusione e per l’accesso totale allo strumento più democratico che l’uomo abbia fino ad ora creato.

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Mar 172013
 

teacher-vs-studentInsegnanti battono alunni 1 – 0. Perlomeno negli Stati uniti. Infatti, da uno studio curato dal Pew Research Center e dal College Board, risulta che gli insegnanti sono più social, più digitali e più avanti tecnologicamente della media nazionale e degli alunni a cui insegnano. La ricerca dal titolo “How teachers are using tecnhology” ha infatti dimostrato che i docenti americani delle scuole superiori e medie, naviga quotidianamente ad alta velocità sulla fibra ottica, smanetta sui tablet o sugli smartphone, guarda i video su YouTube e legge gli e-reader più dei libri cartacei. Quindi dallo studio e dalle interviste viene fuori un nuovo aspetto dell’insegnante che superando le barriere generazionali e mentali, ha aggiornato il proprio curricolo e la propria formazione, diventando sempre più dipendente dalle tecnologia.

Lo studio evidenzia come il 94% dei professori possiede un cellulare (contro il 84% della media nazionale), di questi il 50% ha uno smartphone di ultima generazione, possiede un notebook o un pc e ne fa uso continuativo, uno su due ha una console per gioco e svago e il 47% legge libri su e-reader. Stranamente risulta fanalino di coda il tablet:  solo il 39% lo possiede. Inoltre, il 63% degli insegnanti intervistati con età superiore a 55 anni, ama ascoltare la musica su lettori Mp3 e che molti di loro non sdegnino lo svago su console come la XBox o la Playstation.

Le lezioni vengono preparate attraverso il classico sistema, integrato però con tutto ciò che oggi la tecnologia fornisce. Per cui il docente consulta i social network (percentuale anche in questo caso superiore alla media nazionale) e usa Wikipedia, Google e ogni altro strumento in modo massiccio e sistematico.

Il vero problema nasce dalla veridicità e dal controllo delle informazioni presenti sulla rete. Il parere degli intervistati è che la quantità di informazioni presenti rende, allo studente, difficile distinguere tra informazione corretta e non. Infatti, la maggior parte degli intervistati è convinto che per avere voti alti sarà indispensabile “la capacità di giudicare la qualità delle informazioni” oltre all’abilità nell’uso degli strumenti tecnologici disponibili.

Quindi gli insegnanti battono gli alunni 1 a 0….perlomeno in America. Ma, in Italia?

Qui discutiamo ancora sull’uso o meno del cellulare in classe. Mentre se ne parla, il mondo va avanti e non aspetta. Forse è il momento che oltre a cambiare classe dirigente si cominci anche a cambiare il ruolo della scuola nella formazione. La scuola italiana sta perdendo questo treno, restando alla finestra a guardare il progresso che le passa sotto il naso incapace di coglierne l’essenza e di guidarne l’apprendimento. Peccato, ma faremo di tutto per cambiare questo status.

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Nov 182012
 

Internet, la connessione wi-fi, la necessità di restare sempre in collegamento con il mondo, sembrano oggi diventati un imperativo per tutti, qualcuno addirittura non riesce a farne a meno, ma fino ad oggi c’era un posto dove ciò non era possibile e oltre a dover smettere di fumare, ci veniva imposta una disconnessione dal mondo della rete…fino ad oggi. Quel luogo, come molti di voi avranno intuito, sono gli aeroplani di qualunque compagnia aerea. Infatti, le possibili interferenze dei nostri dispositivi digitali, con la sofisticatissima strumentazione di bordo degli aeroplani ha consigliato per motivi di sicurezza, lo spegnimento preventivo di ogni possibile devices digitale. Ma pare che questo limite stia per cadere;  la società americana Gogo Inflight Internet ha messo a punto un sistema di reti wireless in volo con tecnologia ATG-4 (Air-To-Ground) che verrà installata inizialmente sui voli di tre compagnie aeree americane: Delta, US Airways e Virgin America.

La tecnologia sviluppata da Gogo, offre una velocità di picco di 9,8 Mbps maggiore degli attuali sistemi di trasmissione che hanno una velocità di 3,1 Mbps. La maggiore velocità è raggiunta attraverso l’applicazione di due antenne direzionali, una su ciascun lato dell’aereo e di un modem doppio che va ad aggiungersi alla tecnologia EV-DO Rev.B, usata per la trasmissione senza fili attraverso i segnali radio. Per garantire il funzionamento del servizio, bisognava aggiornare anche i ripetitori e le antenne di terra e la Gogo ha già aggiornato i suoi 150 ripetitori di terra. Dopo quest’inizio, si prevede che la Gogo installerà questa nuova tecnologia su centinaia di aerei entro la fine del prossimo anno di compagnie non solo americane.

Il lato negativo di tutto ciò, è l’aumento dei prezzi dei voli che utilizzano questa tecnologia di circa 18$.

Vedremo se e quando questa novità tecnologica verrà adottata anche in Italia o sugli aerei che solcheranno i nostri cieli.

Set 102012
 

Sembra ieri ma è già passato un anno. Erano i primi di settembre o fine agosto, non ricordo, quando ho deciso di avventurarmi nello sconosciuto campo della progettazione e gestione di un sito internet. La prima difficoltà è stata quella del nome; come chiamare questa nuova creatura? La tecnologia era sempre tra le prime scelte, ma volevo qualcosa che fosse facilmente ricordabile e avesse assonanza con la disciplina che insegno. La scelta ideale sarebbe stata EducazioneTecnica.it ma chi mastica un po’ di internet sa che la scelta di un nome dipende dalla disponibilità o meno del dominio, ossia se il nome scelto non è già stato utilizzato da qualcun altro. Poco male, la scelta è caduta sul suffisso .com molto più diffuso e piano piano queste pagine si sono conquistate uno spazio tra di voi e poi sulla rete. Le difficoltà sono state tante, ho consumato infinite notti a lavorare affinché questo strumento funzionasse e risultasse utile ai ragazzi e non solo, nella promozione e sponsorizzazione di questa affascinante e a volte sottovalutata disciplina. Moltissime le difficoltà, soprattutto all’inizio in cui ho dovuto imparare tutto da solo ritagliandomi spazi di tempo nel lavoro. Molte le modifiche, i cambiamenti realizzati per facilitarvi nel compito di sfogliare queste pagine e utilizzarle produttivamente. Alcuni cambiamenti, apparentemente semplici, hanno richiesto ore e ore di lavoro per capire come realizzarli. Ma come ho già avuto modo di citare in queste stesse pagine, nulla sarebbe stato possibile senza di voi, senza la passione e la curiosità dei vostri figli, senza la vostra pazienza e attenta supervisione di questo lavoro, senza i risultati raggiunti durante questo percorso“.

Per cui nell’augurare BUON COMPLEANNO al nostro sito, colgo l’occasione per ringraziare tutti voi e per augurare ai vostri figli un meraviglioso e ricco anno scolastico alla Dante Alighieri.

Prof. Davide Betto

Feb 272012
 

Grazie alla segnalazione di un alunno (cosa che mi rende molto felice perché manifesta l’interesse di questi ragazzi verso la disciplina), vengo a scoprire che in questi giorni la “email” compie 40 anni. Non è sempre stata come la conosciamo oggi, ma gli elementi base non sono cambiati. Qualcuno ha contato che nel 2010 ne sono state inviate qualcosa come 107 triliardi, un numero spaventoso ma con il quale abbiamo imparato a convivere. Quotidianamente inviamo messaggi dalla posta elettronica ricevendo, numerose mail da amici, parenti, collaboratori, ma anche indesiderate note come spam. In 40 anni molte cose sono cambiate, ma la semplicità d’uso ne ha reso capillare la diffusione. La chiocciolina è diventata un elemento della nostra quotidianità; oggi fa parte della collezione del museo di arte moderna di New York, il MoMA. Il suo uso, ormai, è diventato parte del nostro quotidiano come quello del telecomando, ma il fatto che non se ne discuta, non ne sminuisce il valore. Oggi si parla molto di più di Facebook o Twitter, senza però ricordare che è grazie all’email che questo sistema ha trovato la sua diffusione.

Il modo corretto di scriverla è email, senza trattino, definizione stabilita dalla Associated Press Stylebook. E’ stata inventata alla fine del 1971 dall’informatico Ray Tomlinson, l’email ha praticamente l’età di Internet ed è stata senza dubbio l’applicazione più popolare nei primi decenni della storia della rete. Molte volte è stata data per finita di fronte alle nuove tecnologie, ma data la sua disarmante semplicità sempre più utenti aprono email. Oggi se ne contano circa una e mezzo ogni utente della rete e la spiegazione di questo enorme successo è dovuta al fatto che il marketing l’ha adottata diventando lo strumento principale per mandarci offerte, proposte, richieste. Si calcola che perdiamo qualcosa come due ore e mezzo al giorno per visualizzare circa 150 email di cui la metà viene cestinata senza essere letta proprio in base all’oggetto o al mittente.

Comunque nel bene e nel male l’email è diventata parte della nostra vita, in alcuni casi strumento inseparabile della nostra attività quotidiana. Quindi, lunga vita all’email e tanti auguri a lei.

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