Ott 062021
 

Uno dei più grandi problemi nella lotta all’inquinamento e ai cambiamenti climatici, è quello di riuscire a ridurre drasticamente i livelli di CO2 nell’aria dovuti all’azione combinata dell’inquinanti emessi dalle autovetture, dall’industria e da tutti i processi produttivi. Molte nazioni si sono impegnate per la risoluzione di questo problema entro tempi ragionevolmente brevi (2050), attraverso protocolli di intesa fissati nelle varie riunioni internazionali sul clima.

Una delle tecnologie più interessanti sulle quali si stanno concentrando le azioni di molte nazioni del mondo, è quella nota come CCS (Carbon Capture and Storage). Si tratta di un processo attraverso il quale viene catturata parte della CO2 contenuta nell’aria, per essere trasformata in bioetanolo come combustibile o prodotto per l’industria chimica, mineralizzata iniettandola nel terreno a grande profondità in giacimenti petroliferi o di gas ormai esausti, oppure utilizzata come inerte per la produzione di materiale edile evitando il processo di produzione di cementi altamente inquinante e fortemente emissivo di CO2.

Proprio sulla scia di questa nuova tecnologia è stato appena inaugurato in Islanda il più grande impianto di trasformazione di anidride carbonica in roccia chiamato ORCA (dall’islandese orca = energia). Tale impianto, è stato costruito nel sud-est dell’isola, nel parco geotermale di Hellisheidi (grazie al quale viene alimentato), ed è stato realizzato grazie alla collaborazione tra la Carbfix di Reykjavik e la società svizzera Climeworks AG.

In pratica, questo gigantesco impianto è costituito da enormi ventilatori che aspirano l’aria filtrando l’anidride carbonica, circa 4000 tonnellate ogni anno che, viene stoccata all’interno di un collettore. Questo, una volta pieno, viene chiuso e riscaldato in modo da rilasciare CO2 che sarà poi miscelata con acqua. A questo punto questa miscela viene iniettata a grande profondità nel terreno circa 1000 metri, in uno strato di roccia basaltica dove viene mineralizzata. In questo modo si è calcolato che le emissioni annuali di CO2 prodotte da oltre 800 auto diventeranno pietra secondo un processo inverso a quello che viene in natura.

L’impianto di cattura dell’aria (Director Air Capture) è caratterizzato da ventole alte circa 1 metro che aspirano l’aria e la convogliano verso una particolare sostanza assorbente costituita da microscopici granuli che si legano alla CO2 per reazione chimica. Questo filtro viene poi riscaldato in modo da rilasciare anidride carbonica a cui viene aggiunta dell’acqua e pompata nel sottosuolo dove raffreddandosi pietrifica trasformandosi in roccia attraverso un processo chimico. Ma questo non è l’unico impiego possibile, infatti l’anidride carbonica può essere trasformata in carburante aggiungendola all’idrogeno, oppure può essere immagazzinata in contenitori sotto pressione e venduta le fabbriche che si occupano di produrre bibite gassate per renderle frizzanti.

Il problema sorge in merito ai costi di questo processo di trasformazione. Attualmente, infatti, trasformare la CO2 in roccia costa all’incirca tra i 600 e gli 800 dollari, un costo eccessivamente alto per poter essere sostenibile. L’obiettivo è quello di abbassarlo, nei prossimi anni, fino a portarlo al di sotto dei 150 dollari diventando in questo modo vantaggioso ed efficiente. È importante, comunque, che questo processo non venga interrotto ma anzi, sviluppato e integrato sempre di più perché altamente sostenibile e capace di abbattere notevolmente l’azione dei gas serra, riducendone così, gli effetti sul clima. Attualmente esistono nel mondo circa 15 impianti dedicati alla cattura di CO2 che aspirano il complessivo di 9000 tonnellate l’anno ma l’obiettivo fissato dall’Agenzia Internazionale per l’energia è quello di arrivare a quasi 1 miliardo di tonnellate entro il 2050.

Altri problemi che dovranno essere affrontati per migliorare questa giovane tecnologia, sono quelli di aumentare l’efficienza e ampliare il ventaglio dei gas serra trattabili, come il metano e il protossido d’azoto.

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PUOI LEGGERE ANCHE:
Apr 242021
 
SOLARE TERMICO
Indice Argomenti
1 I PANNELLI SOLARI
2 I TIPI DI IMPIANTI A PANNELLI SOLARI
3 MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO (non disponibile)
4 APPROFONDISCI CON I VIDEO
Lezioni Precedenti sull’Energia Solare
#1 ENERGIA SOLARE
#2 FOTOVOLTAICO

 

I PANNELLI SOLARI

Schema di Impianto a Pannelli Solari

I pannelli solari, funzionano essenzialmente per la produzione di calore a bassa temperatura e sfruttano il principio dell’effetto serra. Una piastra captante metallica, raccoglie l’Energia Solare e inizia ad emettere calore (Energia Termica).

Quale forma di ENERGIA sfruttiamo in un impianto a Pannelli Solari?

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I TIPI DI IMPIANTI A PANNELLI SOLARI

Gli impianti solari termici utilizzati sono di due tipi:

  • a circolazione naturale;
  • a circolazione forzata.

Gli impianti a circolazione naturale sono sistemi monoblocco a circuito chiuso, che funzionano senza necessità di pompe né di componenti elettrici. Sono costituiti da un collettore solare esposto alle radiazioni solari, all’interno del quale l’acqua si scalda e sale per convezione (effetto termosifone) verso il serbatoio, confluendo quindi nel circuito domestico.

Gli impianti a circolazione forzata hanno il serbatoio montato separatamente (nel sottotetto o nel locale caldaia) e il liquido del circuito primario è spinto da una pompa. La pompa di circolazione viene messa in moto da una centralina elettronica che confronta le temperature dei collettori e dell’acqua nel serbatoio di accumulo rilevata da apposite sonde.

Impianto a Circolazione Naturale Impianto a Circolazione Forzata

I componenti principali di un sistema a Pannelli Solari termici sono:

  1. pannello solare;
  2. serbatoio di accumulo dell’acqua calda;
  3. pompa (solo nei sistemi a circolazione forzata);
  4. centralina elettronica;
  5. collegamenti idraulici ed elettrici.

PANNELLO SOLARE – possono essere raggruppati in 2 tipi principali: con tubi sottovuoto, oppure vetrati. Esistono, comunque, molte varianti come ad esempio pannelli ad aria, pannelli scoperti, a cupola.

  • Pannelli solari sottovuoto – si presentano come tubi di vetro, al cui interno viene tolta tutta l’aria possibile creando il vuoto, in modo che venga impedita la cessione del calore (effetto Thermos). All’interno viene posto un elemento assorbitore di calore, per lo più un tubo di rame, e vengono  denominati “tubi heat-pipe“. In alcune versioni a circolazione naturale all’interno del tubo può circolare direttamente l’acqua da riscaldare. Questo tipo di pannelli ha un ottimo rendimento in tutti i mesi dell’anno e sono adatti ad essere installati anche in condizioni climatiche molto rigide: quindi indicati nel nord Italia, così come al sud.
Schema Pannello Heat-Pipe Pannello Heat-Pipe
  • Pannelli solari vetrati – sono storicamente i primi apparsi sul mercato. Sono composti da un vetro trasparente alla luce del sole, ma opaco ai raggi infrarossi, che sono così trattenuti all’interno. I raggi del sole, che raggiungono la parte interna del pannello, lo scaldano e il calore viene trattenuto all’interno (effetto serra). La superficie di questi pannelli può essere, o meno, trattata con prodotti che ne migliorano il rendimento (ossia la capacità di “trattenere” i raggi). Può, inoltre, essere presente un serbatoio di accumulo integrato, oppure un accumulo separato, più indicato per le località particolarmente rigide.
Schema Pannello Solare a Vetro Pannello Solare a Vetro

Serbatoio, pompa, centralina elettronica e collegamenti idraulici e elettrici sono gli elementi che completano un impianto solare termico a bassa temperatura.

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PANNELLO SOLARE COME FUNZIONA?
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Apr 302016
 
IMPIANTO FOGNARIO E DEPURATORE
Indice Argomenti
1 L’IMPIANTO FOGNARIO CITTADINO
2 LA RETE IDRICA
3 TRATTAMENTO MECCANICO E BIOLOGICO
4 TRATTAMENTO DEI FANGHI
5 LA VASCA IMHOFF
M MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO
V APPROFONDISCI CON I VIDEO
Argomenti correlati
#1 IMPIANTO ELETTRICO
#2 IMPIANTO TERMICO
#3 IMPIANTO IDRICO-SANITARIO
#4 IMPIANTO FOGNARIO E DEPURATORE (esteso)

L’IMPIANTO FOGNARIO CITTADINO

Sotto le nostre strade a circa 3 metri di profondità, scorre un canale che ha un diametro compreso tra i 3 e i 4 metri. Tale condotta ha la funzione di trasportare gli scarichi fino al depuratore. Il percorso che l’acqua compie all’interno di questa condotta dalle nostre case o dalle nostre strade fino al depuratore, avviene per gravità, ossia sfruttando la pendenza di differenti quote. Per cui il sistema di collettori è realizzato in modo da essere sempre in pendenza con un dislivello mai inferiore al 2%. Appositi sistemi di sollevamento dei liquami fanno in modo che questi si trovino sempre in alto in modo da poter scivolare lungo le condotte fino a destinazione.

sistema_gravita

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IL DEPURATORE

Depuratore

Attraverso la rete cittadina di collettori, i fanghi, giungono al depuratore. Qui viene eliminata la loro parte inquinante e vengono re-immessi nell’ambiente. Ecco uno dei motivi perché i depuratori si trovano spesso in prossimità dei fiumi o di corsi d’acqua.

Il processo di depurazione è lungo e articolato, ma garantisce risultati di purificazione incredibili eliminando fino al 96% delle sostanze inquinanti presenti nei liquami fognari, soprattutto per quanto riguarda la parte patogena, ossia quella relativa alle malattie trasmissibili.

Lo schema qui sotto ci mostra come avviene la depurazione delle acque luride che giungono ogni giorno al depuratore.

depurazione-acque

Immagine tratta dal libro TECNOLOGIA del porf. Gianni Arduino

Le fasi consistono in un primo trattamento di tipo meccanico e biologico per purificare l’acqua e un successivo trattamento per la purificazione dei fanghi residui.

Trattamento meccanico e biologico:

  • grigliatura;
  • dissabbiatura;
  • disoleatura;
  • sedimentazione primaria;
  • fanghi attivi (ossidazione);
  • sedimentazione finale;
  • restituzione acqua all’ambiente.

Trattamento dei fanghi:

  • concentrazione dei fanghi (pre-ispessitore);
  • digestore;
  • gasometro;
  • disidratazione (post-ispessitore).

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TRATTAMENTO MECCANICO E BIOLOGICO

TRATTAMENTI MECCANICI

Griglia fine con sollevamento dei materiali

La prima operazione di purificazione che i fanghi subiscono è detta grigliatura, ossia si fa passare l’acqua attraverso una griglia metallica in modo che restino impigliati gli oggetti più grossi (sassi, carta, pezzi di plastica, legno e quant’altro). In questo modo si impedisce l’intasamento delle tubazioni e delle pompe. Il grigliato viene poi sollevato meccanicamente, trattato con calce viva per eliminare i batteri patogeni, lavato e inviato in discarica per ulteriori trattamenti.

Nosedo, Milano : Impianto di depurazione delle acque reflue. nella foto la fase della dissabbiatura e disoleatura.Nosedo Waste Water Treatment plant, oil and grit removal.

Vasca di dissabbiatura e disoleatura

I fanghi a questo punto entrano nella vasca di dissabbiatura e disoleatura. Qui, si separano per sedimentazione naturale (gravità) dalle sabbie e per risalita dai grassi e olii. In pratica i fanghi vengono sottoposti ad una parziale quiete che favorisce la discesa delle parti solide e mediante insufflaggio di ossigeno dal fondo della vasca la risalita dei grassi e olii.

Approfondisco: la sedimentazione è un processo fisico per cui, le particelle sospese in un fluido di accumulano per effetto di una forza esterna che può essere la forza di gravità (decantazione), la forza centrifuga o elettrica.

Al termine di questa fase, i fanghi già parzialmente depurati entrano nella vasca di sedimentazione primaria. Qui per gravità le parti solide si accumulano sul fondo della vasca, dove una lama ne raschia il fondo sospingendo i fanghi verso le tramogge di raccolta per i successivi trattamenti.

TRATTAMENTI BIOLOGICI

Fanghi attivi

Vasca a fanghi attivi (formazione dei fiocchi)

I liquami passano a questo punto nella vasca a fanghi attivi, dove avviene l’eliminazione delle sostanze disciolte e dei solidi sospesi. Questo grazie all’azione metabolica di batteri anaerobi che si nutrono delle sostanze organiche e dell’ossigeno per le loro attività di riproduzione. Si formano così fiocchi costituiti da colonie di batteri, facilmente eliminabili nella successiva vasca di sedimentazione finale. Qui avviene la separazione tra i fiocchi batterici e la miscela di acqua areata per sedimentazione. L’acqua che esce da questo ultimo trattamento può definirsi pura al 96% quindi essere re-immessa nei corsi d’acqua.

Subisce, comunque, ulteriori trattamenti chimici e biologici per l’eliminazione di sostanze come azoto e fosforo prima di essere rilasciata, perché queste creano problemi di ipertrofia nei fiumi e nei laghi.

Approfondisco: l’ipertrofia è l’aumento del volume delle cellule dei tessuti senza aumento del loro numero. Questo può portare ad un aumento incontrollato ad esempio delle alghe.

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TRATTAMENTO DEI FANGHI

I fanghi, raccolti nella sedimentazione primaria e secondaria vengono sospinti nel pre-ispessitore, dove vengono pressati per ridurne il volume.

Digestore

Digestore

Da qui, vengono inviati al digestore, una grande struttura cilindrica, dove rimangono per 20 giorni al chiuso e in assenza di ossigeno alla temperatura di circa 35°C. Specifici batteri nutrendosi delle sostanze organiche li trasformano in sostanze inorganiche, producendo nella loro attività metabolica un biogas ad alto contenuto di metano che viene accumulato in speciali gasometri per essere utilizzato in seguito come fonte energetica per la produzione di elettricità o per il riscaldamento.

La parte dei fanghi solidi rimasti nel digestore viene inviata nel post-ispessitore dove viene ulteriormente deumidificata. A questo punto tramite presse il volume dei fanghi, ormai semisolidi, viene ridotto di sei volte, polverizzato, insaccato e inviato per l’utilizzo come concime in agricoltura.

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LA VASCA IMHOFF

vasche-imhoffQuando non è presente in zona un collettore cittadino, la legge prevede la realizzazione di apposite fosse biologiche private chiamate anche vasche imhoff dal nome dell’ideatore, l’ingegnere tedesco Karl Imhoff.

Si tratta di una vasca a compartimenti separati sovrapposti che realizza in un unico contenitore quello che avviane in più vasche nel depuratore.

Essa è costituita da due compartimenti prefabbricati in cemento armato interrati e sovrapposti. In quello superiore abbiamo la vasca di sedimentazione primaria, mentre in quello inferiore abbiamo la vasca di digestione anaerobica dei fanghi.
La vasca superiore è generalmente costituita da una parte in alto a sezione rettangolare e da una parte in basso dotata di una fessura longitudinale attraverso la quale passano i fanghi sedimentabili.

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LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE LA DEPURAZIONE: FUNZIONAMENTO
Durata: 9:31 Durata: 25:58
LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE
Durata: 7:38 Durata: 0:00
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Mar 242013
 

L’impianto fognario cittadino, è costituito da un sistema di condotte sotterranee che porta gli scarichi luridi (liquami) dalle nostre case fino al depuratore per poi riversarle nuovamente in mare, in un percorso virtuoso che se correttamente effettuato, garantisce la sicurezza e la salubrità dei nostri mari. Ma andiamo a vedere di cosa si tratta e come funziona.


IMPIANTO DI SCARICO E FOGNARIO

depurazione-acque

Immagine tratta dal libro TECNOLOGIA del porf. Gianni Arduino

L’impianto idrico-sanitario di cui abbiamo già parlato, trova il suo naturale completamento nell’impianto di scarico e poi nella rete fognaria comunale oppure in una vasca biologica di scarico, chiamata imhoff. In pratica, le acque luride e le acque bianche scaricate dal nostro impianto, vengono convogliate in un grande tubo di scarico, chiamato colonna montante che porta tali scarichi (liquami), tramite tubature del diametro di circa 70 cm realizzate in grès, ad un canale in cemento che costituisce la condotta principale del sistema fognario. Tale canale si trova a circa 3 metri di profondità sotto le nostre strade e ha un diametro compreso tra i 3 e i 4 metri. Tale condotta porta gli scarichi fino al depuratore. Ma seguiamo il percorso degli scarichi dal nostro alloggio fino alla fine del suo percorso, cioè in mare.

Le condotte principali, raccolgono, percorrendo le nostre strade, tutti gli scarichi sia che essi provengano dai nostri impianti sanitari che dai pluviali (scarichi acque piovane) o dalle caditoie lungo i margini stradali. Il sistema fognario, funziona per gravità, quindi necessità di essere realizzato con apposite differenze di quota.

sistema_gravita

Quindi le tubature, debbono essere poste tutte in pendenza, con un dislivello non inferiore al 2% e ogni tanto, sistemi di sollevamento, riportano in alto i liquami per fare in modo che essi riprendano il loro percorso verso il sistema di depurazione.

Nei punti di raccordo, di cambio di direzione o di pendenza, vengono poste delle botole (pozzetti di ispezione) sotto il piano stradale comunicanti con l’esterno attraverso appositi tombini posti a filo con il manto stradale.

Tutte le condotte, confluiscono al depuratore centrale dove i fanghi vengono trattati per essere re-immessi nei fiumi o direttamente in mare.


DEPURATORE

Completato il loro percorso dalla città, i fanghi o liquami, giungono al depuratore, il luogo dove perdono la loro componente inquinante per poter essere nuovamente immessi nell’ambiente.

depuratore

Schema di funzionamento di un impianto di depurazione

Il procedimento di depurazione prende il nome di depurazione ai fanghi attivi, proprio perché si controlla in ogni momento in laboratorio che, la flora batterica contenuta nei fanghi sia sempre attiva e quindi in grado di depurare le acque. Ma come funziona un depuratore. Il procedimento è lungo, ma i passaggi sono abbastanza semplici e facili da memorizzare.

I fanghi, che arrivano dal collettore cittadino, vengono fatti passare attraverso una griglia che ha la funzione di trattenere i materiali grossolani (stracci, carta, oggetti di plastica, ecc.). Questi materiali, una volta raccolti, vengono posti in un’apposita vasca contenente calce viva, in modo da impedire lo sviluppo di batteri patogeni (portatori di malattie) e trasportati alla discarica.

I fanghi, così separati dagli oggetti più grandi, vengono inviati nella seconda vasca di depurazione dell’impianto, chiamata vasca di dissabbiatura e disoleatura. Qui, la sabbia contenuta nell’acqua, a causa del suo peso si deposita sul fondo della vasca, mentre gli oli e i grassi rimangono a galla e vengono separati dall’acqua attraverso un canale laterale che li trattiene.

Il liquame, a questo punto è parzialmente depurato, ma ancora potenzialmente pericoloso ed inquinante. Viene così inviato ad una successiva vasca detta di areazione, dove i liquami, vengono mossi da apposite turbine messe in immersione nella vasca. La violenta rotazione delle turbine, consente il passaggio di ossigeno dall’aria al liquido in modo da garantire la formazione di batteri anaerobi (flora batterica).

Il liquame passa poi ad un’altra vasca detta di sedimentazione finale, nella quale, i batteri attivi, scindono le sostanze organiche rendendole sedimentabili, ossia separabili dai fanghi. Tali sostanze, separandosi dai fanghi si depositano sul fondo delle vasche. I fanghi, così separati dalle sostanze grossolane, e dai sedimenti organici, tornano ad essere acqua pura che attraverso apposite condutture viene re-immessa nei corsi d’acqua.

PRODUZIONE DI BIOGAS E CONCIMI

I fanghi raccolti nel procedimento di sedimentazione, vengono poi ulteriormente trattati “biologicamente” per due scopi: produrre energia e concimi. Infatti, alcuni impianti sono dotati di un impianto per la produzione di biogas, che ha la funzione di produrre l’energia necessaria al funzionamento del depuratore, o per produrre il gas necessario al funzionamento delle centrali termo-elettriche.

Digestore

Digestore

L’elemento fondamentale di un impianto di produzione di biogas è il digestore.

Questo è costituito essenzialmente da una vasca di grandi dimensioni, generalmente in cemento armato o in acciaio con coperture plastiche, che hanno lo scopo di trattenere i gas che si sviluppano durante il processo di fermentazione anaerobica, ossia in assenza di ossigeno. In questa vasca, avviene un processo di fermentazione in tempi molto brevi, di un fenomeno che in natura, nel sottosuolo, impiega milioni di anni.
La fermentazione avviene grazie alla presenza di particolari batteri che si nutrono di sostanza organica (carbonio, azoto, ecc.) e che producono, durante la digestione, il cosiddetto biogas, composto da vari elementi, tra cui il metano, utile ad alimentare i motori che generano energia elettrica e calore.

Questi fanghi, così trattati, ulteriormente disidratati ed essiccati, vengono macinati e insaccati in modo da poter essere riutilizzati come concimi naturali in agricoltura.

Questo procedimento, alquanto complesso, dimostra come se ben realizzati e manutenti, gli impianti di depurazione delle acque luride cittadine, possono essere molto efficaci per mantenere pulito l’ambiente e oltremodo utili per la produzione di sostanze che avvantaggiano altri settori produttivi.

FOSSA BIOLOGICA o IMHOFF

vasche-imhoffIn alcuni casi, le utenze non sono collegabili al collettore principale cittadino, perché troppo distanti, per un problema di quote o altro. In questi casi, le utenze sono obbligate per legge a dotarsi di apposite fosse biologiche private chiamate anche vasche imhoff dal nome dell’ideatore, l’ingegnere tedesco Karl Imhoff.

Si tratta di una vasca a compartimenti separati sovrapposti che realizza in un unico contenitore quello che avviane in più vasche di un depuratore.

Essa è costituita da due compartimenti prefabbricati in cemento armato interrati e sovrapposti. In quello superiore abbiamo la vasca di sedimentazione primaria, mentre in quello inferiore abbiamo la vasca di digestione anaerobica dei fanghi.
La vasca superiore è generalmente costituita da una parte in alto a sezione rettangolare e da una parte in basso dotata di una fessura longitudinale attraverso la quale passano i fanghi sedimentabili.

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Argomenti

  1. LA STATICA DELLE STRUTTURE – VINCOLI e GRADI DI LIBERTA’
  2. SCOMPOSIZIONE TECNICA di un EDIFICIO
  3. LE STRUTTURE ELEMENTARI
  4. LE FONDAZIONI
  5. MURI E PARETI
  6. IMPIANTO ELETTRICO
  7. IMPIANTO TERMICO
  8. IMPIANTO IDRICO-SANITARIO
Mar 192013
 
IMPIANTO IDRICO-SANITARIO
Indice Argomenti
1 IL CICLO DELL’ACQUA
2 LA RETE IDRICA
3 GLI ELEMENTI DELL’IMPIANTO IDRICO
M MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO
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Argomenti correlati
#1 IMPIANTO ELETTRICO
#2 IMPIANTO TERMICO
#3 IMPIANTO FOGNARIO E DEPURATORE

Sempre per la serie “impianti indispensabili per le abitazioni“, parliamo oggi di impianto idrico-sanitario, ossia di quell’impianto che rifornisce le abitazioni di acqua potabile. Purtroppo questa considerazione, evidenzia anche un grosso limite di questo sistema. Infatti, la distribuzione dell’acqua avviene oggi attraverso un unico sistema ed un unico tubo. Per cui, l’acqua potabilizzata rifornita dall’ente gestore, viene in buona parte sprecata perché utilizzata non solo per usi potabili, ma anche per usi industriali e per i servizi sanitari. Recenti normative, e indicazioni di buon senso, stanno facendo in modo che tutto questo, cambi. Si prevede, infatti, la realizzazione di due diverse reti di servizio, una per l’acqua potabilizzata e una per l’acqua destinata ad altri usi.

Ma seguiamo il percorso che fa l’acqua per giungere nei nostri edifici partendo dal luogo in cui viene prelevata.

IL CICLO DELL’ACQUA

ciclo_dell_acqua_grandePrima di descrivere l’impianto idrico-sanitario delle nostre case è importante capire qualcos’altro. Dobbiamo per questo sconfinare in un altra disciplina, le scienze, e rivedere l’argomento sul “ciclo dell’acqua”. L’acqua piovana, quella che scorre nei fiumi o nei laghi, rifornisce per permeazione del terreno le falde acquifere (corsi d’acqua sotterranei). In poche parole l’acqua viene assorbita dagli strati permeabili del terreno. Quando l’acqua scendendo nel sottosuolo incontra uno strato roccioso impermeabile, si accumula formando le cosiddette falde acquifere e inizia a scendere verso il mare, ritornando lì da dove partita. Il simpatico video di seguito ci spiega chiaramente lo svolgimento di questo ciclo.

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LA RETE IDRICA

L’acqua che utilizziamo per le nostre utenze, viene proprio da queste falde acquifere sotterranee. La sua estrazione, avviene attraverso la realizzazione di pozzi che raggiungono in profondità le falde, nei quali viene inserito un tubo di acciaio chiamato colonna il cui diametro variabile tra i 20 cm e i 50 cm. Il pozzo attraversa nella sua discesa diversi strati di terreno permeabili imbevuti di acqua (le falde acquifere). La colonna, in prossimità di questi strati presenta delle aperture chiamate filtri attraverso i quali l’acqua passa dalla falda al pozzo. I filtri impediscono che sostanze estranee possano passare inquinando l’acqua. All’interno del pozzo troviamo poi un altro elemento fondamentale per l’estrazione dell’acqua: la pompa sommersa. Questa, ha la funzione di aspirare l’acqua e sollevarla fino un serbatoio posto in superficie dell’altezza di circa 30-40 m, quindi una torre molto alta. Il portare l’acqua in un posto così alto è necessario affinché possa raggiungere, per la pressione accumulata, attraverso la rete di tubazioni le nostre case. In genere quest’altezza consente all’acqua di rifornire utenze fino al secondo, terzo piano. Per utenze poste a piani ancora maggiori sarà necessario dotare l’edificio di una pompa o di una autoclave in maniera tale da avere la pressione sufficiente a spingere l’acqua fino a tali altezze. Attraverso tubature di circa 1 m di diametro, l’acqua viene trasportata dall’acquedotto alle città e poi con tubi più piccoli agli edifici.

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GLI ELEMENTI DELL’IMPIANTO IDRICO

L’impianto idrico dell’edificio, riceve l’acqua dalla rete idrica dell’acquedotto (ente gestore) e la distribuisce a tutte le utenze. Anche in questo caso, come per l’impianto di riscaldamento, possiamo avere un impianto di tipo centralizzato o un impianto autonomo. In ciascuno dei due casi, l’impianto idrico è dotato di alcuni elementi fondamentali; vediamo quali.

IL CONTATORE AD IMMERSIONE

ContatoreL’acqua giunge all’edificio dal basso, quindi troviamo le tubature idriche nei cantinati o al piano terra; il primo elemento di questo impianto è il contatore. Si tratta di un apparecchietto metallico in cui in immersione troviamo una serie di indicatori che ci forniscono alcune utili informazioni sul funzionamento dell’impianto e sui consumi. Oggi, leggere il contatore è abbastanza semplice, perché è stato semplificato al massimo per consentire una immediata lettura dei consumi.

letturacontatoreAprendo il coperchio in plastica si scopre l’indicatore di consumo. In pratica basta leggere il valore numerico progressivo, espresso in metri cubi, per conoscere il proprio consumo. Le asticelle rosse non vanno considerate, mentre per sapere se l’impianto funziona e l’acqua scorre, basta osservare la rotella nera posta al centro (se ruota l’impianto è funzionante).

IL RUBINETTO GENERALE

ChiusinoOgni impianto che si rispetti è dotato di un rubinetto generale necessario all’interruzione dell’erogazione dell’acqua in caso di perdite o di manutenzione. Normalmente questo rubinetto è posto all’ingresso della fornitura dell’alloggio, o sul balcone o in una delle stanze servite (bagno, cucina, lavanderia, ecc.). Oggi si tende a dotare ogni ambiente di un proprio rubinetto generale, in modo da sezionare l’impianto così che, se abbiamo un guasto in bagno, chiudiamo l’acqua solo in quell’ambiente lasciando serviti tutti gli altri. Il rubinetto può essere o a manopola a rotella o a scodellino cromato (vedi immagini qui a lato).

L’AUTOCLAVE

AutoclaveL’autoclave è una vasca metallica chiusa ermeticamente che contiene al suo interno un compressore. Questo pompa all’interno della vasca aria. L’acqua dell’impianto riempie per metà la vasca dell’autoclave. Poiché l’acqua è un liquido non comprimibile, una diminuzione della sua quantità all’interno delle tubazioni provocherebbe una diminuzione della pressione nell’impianto e quindi un suo funzionamento non ottimale. L’aria presente nella nella vasca impedisce queste variazioni di pressione e quindi l’impianto funziona sempre a pieno regime. L’autoclave è poi abbinata a una elettropompa di soprelevazione che ha il compito di spingere l’acqua fino all’ultimo piano dell’edificio.

LE TUBAZIONI

L’acqua, spinta dalla elettropompa, sale attraverso una lunga tubatura inserita all’interno dei muri dell’edificio chiamata colonna verticale, tubatura realizzata in acciaio zincato. Alla colonna verticale, ad ogni piano, sono collegate le tubazioni orizzontali che portano l’acqua ad ogni elemento idrico dell’appartamento (wc, lavabo, doccia, lavatrice, lavastoviglie, caldaia, ecc.).

IL SIFONE

SIFONI

Sifone a T e a U

scarico-wcL’acqua che fuoriesce dai rubinetti dei vari sanitari, scorre via, poi, attraverso altre tubazioni realizzate in materiale plastico, molto resistenti alle azioni degli acidi presenti in tali acque. Prima di finire nelle tubazioni orizzontali di scarico e poi in quelle verticali (colonna montante), le acque attraversano un un tubo particolare che prende il nome di sifone. Questo tubo ha una particolare forma a U o a T in modo che, al suo interno resti sempre una parte di acqua pulita che ha la funzione di non far risalire l’aria mefitica proveniente dalla fognatura sfruttando il principio dei vasi comunicanti.

Vasi comunicanti

Approfondisco: in base alla legge di Stevino, in un sistema di vasi comunicanti, ossia collegati tra di loro alla base, il fluido in essi contenuto raggiunge la stessa quota indipendentemente dalla forma dei recipienti.

Anche l’acqua piovana che si raccoglie sui tetti o sui terrazzi, viene incanalata attraverso delle tubazioni verticali apposite (grondaie, pluviali, gocciolatoi, ecc.) e scaricata anch’essa nella rete fognaria comunale.

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IL CICLO DELL’ACQUA I VASI COMUNICANTI
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Feb 032013
 
IMPIANTO TERMICO
Indice Argomenti
1 L’IMPIANTO TERMICO
2 GLI ELEMENTI DI UN IMPIANTO TERMICO
3 CALCOLO TERMICO
4 I TERMOARREDI
5 L’IMPIANTO A PAVIMENTO
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#1 IMPIANTO ELETTRICO
#2 IMPIANTO FOGNARIO E DEPURATORE
#3 IMPIANTO IDRICO-SANITARIO

L’IMPIANTO TERMICO

Alle nostre latitudini, l’alternanza delle stagioni è evidente, passando da estati anche molto calde a inverni, al contrario, molto freddi. Da qui la necessità di garantire nello spazio interno dell’edificio, il corretto micro-clima in grado di consentire durante il corso dell’anno lo svolgimento di tutte le funzioni e attività per cui è stato pensato (lavoro, ricreazione, studio, sonno, ecc.). Per fare ciò, bisogna progettare gli edifici in modo da poter essere scaldati in inverno e rinfrescati d’estate. Ma questo non basta. Oggi, la parola d’ordine è risparmio energetico, per cui il primo intervento da realizzare è proprio sull’involucro edilizio, sugli elementi che dividono lo spazio interno da quello esterno. Diverse tecnologie sono allo studio e diverse sono già applicate per rendere il guscio dell’edificio a perfetta tenuta stagna, in modo da consentire risparmi energetici anche notevoli. Ma a parte questo, un buon impianto di riscaldamento consente a chi occupa la casa in inverno di ottenere un ottimo comfort abitativo. Ma com’è fatto un impianto termico e come si realizza?

Abbiamo già visto l’impianto elettrico precedentemente e abbiamo immaginato di seguire l’elettricità nel percorso che compie dal luogo di produzione al luogo di utilizzo. Affronteremo in modo simile anche l’impianto termico.

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GLI ELEMENTI DI UN IMPIANTO TERMICO

Immagine tratta dal libro TECNOLOGIA del prof. Gianni Arduino

L’impianto termico, è quel sistema che realizza il riscaldamento dell’aria negli spazi interni della costruzione per garantire condizioni di benessere degli occupanti. Il modo in cui riesce in questo compito è molteplice. Molteplici possono essere infatti i combustibili utilizzati per il riscaldamento (metano, solare, elettrico, ecc.), molteplici possono essere i modi (impianto radiante, pompe di calore, impianto a pavimento, ecc.), molteplici possono essere le soluzioni (impianto collettivo, impianto autonomo, impianto condiviso, ecc.). I sistemi di riscaldamento si sono evoluti e specializzati con il tempo, dalle semplici stufe o caminetti, in grado di riscaldare un solo ambiente alla volta, agli impianti autonomi, in grado di garantire ad un intero appartamento il raggiungimento delle condizioni ottimali, per finire agli impianti centralizzati in grado di riscaldare interi edifici. Sono, infatti, gli impianti autonomi e centralizzati quelli di cui ci occuperemo in questa sede. Essi sono caratterizzati, pur con le dovute differenze, da alcuni elementi in comune. Sono dotati entrambi di un generatore di calore (caldaia) alimentato da un combustibile liquido o gassoso e dotato di camino per l’evacuazione all’esterno dei prodotti della combustione (fumi), di un sistema di distribuzione del fluido termovettore (acqua, aria o vapore) e di terminali per fornire ai singoli ambienti la potenza termica necessaria al controllo della temperatura interna (caloriferi o termosifoni).

GENERATORE DI CALORE (CALDAIA)

Tutti gli impianti termici hanno bisogno di un generatore di calore. Questo è composto da due elementi principali: il bruciatore e la caldaia. Il bruciatore è quell’apparecchiatura che consente di immettere nella caldaia la giusta quantità di combustibile richiesta, facendo si che questa si mescoli opportunamente con l’aria necessaria (ad esempio un combustibile liquido viene spruzzato sotto forma di minute goccioline). Il calore che si produce dalla combustione, serve a scaldare l’acqua che circola nella caldaia.

CONTATORE

In generale, oggi, il combustibile più utilizzato, è il metano, scelta dovuta al fatto che tra i combustibili fossili è il più pulito, il più economico e dotato di una capillare rete di distribuzione che attraversa le nostre città sotto il manto stradale. Proprio in virtù di ciò, il primo elemento di cui si compone un impianto di riscaldamento è un allaccio ad una rete di distribuzione e quindi la presenza in prossimità dell’utenza di un apparecchio contatore.

Questo è uno strumento che registra (come nel caso del contatore elettrico), il passaggio del gas consentendo una quantificazione e di conseguenza una sua monetizzazione. Tutto ciò presuppone la stipula di un contratto con un ente fornitore che provvede  all’allaccio ed alla fornitura.

VASO DI ESPANSIONE

L’acqua contenuta nell’impianto al momento dell’attivazione, si riscalda dilatandosi. Se l’impianto fosse sigillato ermeticamente, questo aumento di volume provocherebbe la rottura dei tubi e il guasto dell’impianto stesso. Per evitare ciò, l’impianto deve essere dotato del cosiddetto vaso di espansione. Si tratta di una vasca posta nella parte più alta dell’impianto progettata in modo da avere dimensioni proporzionali all’acqua contenuta nell’intero sistema circolatorio dell’impianto.

IL CAMINO

La caldaia, nella maggior parte dei casi, è alimentata da combustibili fossili che bruciando emettono fumi e prodotti della combustione. Questi debbono necessariamente essere smaltiti all’esterno e per realizzare questa operazione l’impianto viene dotato di un camino. Questi altro non è che un condotto verticale che emerge dal tetto dell’edificio in grado, per aspirazione forzata, di portare all’esterno i fumi della combustione. E’ necessario che sia ben progettato, perché una sua inefficienza in questo compito potrebbe comportare grossi problemi.

CIRCUITO DI DISTRIBUZIONE
Attraverso un sistema di tubi a circuito chiuso, collegati a piastre metalliche radianti o annegato in serpentine nel massetto del pavimento, il calore viene distribuito in ogni ambiente della casa. Gli elementi fondamentali che realizzano questo sistema sono: pompa, collettore, termostato, tubi. Scopriamoli insieme.

L’acqua, o l’aria presenti nel circuito, viaggiano all’interno di questo per effetto della spinta generata da una pompa collegata all’impianto subito dopo la caldaia. Si tratta di un compressore elettrico che comprime il fluido presente nel circuito costringendolo a girare.

I tubi che realizzano questo circuito si definiscono di andata e di ritorno. I tubi di andata, sono quelli che partono dalla caldaia, in cui scorre il fluido caldo, mentre i tubi di ritorno si definiscono quelli che dall’ultimo elemento dell’impianto, ritornano alla caldaia con il fluido ormai raffreddato.

Nel passato, gli impianti di riscaldamento erano monotubo, ossia un tubo che usciva e rientrava nella caldaia a cui erano collegati da due a sei radiatori. Questo, pur facilitando la progettazione e la realizzazione dell’impianto, aveva lo svantaggio che il fluido man mano che procedeva lungo il percorso si raffreddava, per cui l’ultimo radiatore dell’impianto era sempre il più freddo. Oggi per evitare ciò, le caldaie sono collegate ai radiatori attraverso il collettore, un sistema che consente lo smistamento del fluido in una rete di tubi pari al numero di radiatori presenti nell’impianto. Per cui se a casa nostra ci sono sette termosifoni, dal collettore partiranno sette diversi tubi e ne torneranno altri sette. In pratica un circuito per ogni elemento dell’impianto. In questo modo, ogni elemento riceverà la stessa quantità di calore, rendendo l’impianto molto più efficiente.

I tubi, sono disposti dall’installatore direttamente sotto il massetto del pavimento, sono in rame o acciaio e sono avvolti in una guaina di materiale coibentante, di colori diversi in funzione della resistenza e della tipologia di isolamento da garantire. In questo modo, si evita la dispersione del calore lungo il percorso e si evitano problemi di dilatazione termica nelle pavimentazioni soprastanti.

CALORIFERI o TERMOSIFONI

I tubi isolati che corrono sotto il pavimento, emergono da questo in punti specifici delle stanze e entrano all’interno di elementi dell’impianto chiamati termosifoni o caloriferi. La disposizione dei caloriferi nella stanze è frutto di considerazioni e valutazioni precise e non casuali. Normalmente il calorifero va posizionato li dove la dispersione termica è maggiore, ossia sotto le finestre o vicino a porte disposte sulle chiusure esterne. I caloriferi hanno la funzione di irradiare il calore nella stanza e l’efficienza di questa funzione dipende da diversi fattori quali il materiale, il numero di elementi e dalla dimensione. Partiamo dal primo aspetto, il materiale: sono ovviamente in metallo, per antonomasia ottimo conduttore termico, e possono essere nelle varianti in ghisa, acciaio, alluminio.

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CALCOLO TERMICO

I termosifoni, si compongono di una serie di elementi modulari che possono essere agganciati l’uno all’altro aumentando così il potere scaldante dello stesso. Ma come si fa a determinare quanti elementi sono necessari per scaldare un ambiente?

Questo è frutto di complessi calcoli e di una molteplicità di parametri da prendere in considerazione (superficie, esposizione, numero di aperture, area climatica, ecc.) però, esiste un metodo che consente a chiunque di calcolare con una buona approssimazione il numero di elementi da installare per ogni calorifero. Il calcolo è semplice: bisogna innanzitutto determinare il volume dello spazio da scaldare. Bisogna poi determinare la potenza necessaria a scaldare l’ambiente; generalmente si considerano circa 30kcal per metro cubo. A questo punto abbiamo un valore indicativo di potenza energetica da installare. Non ci resta che recarci da un qualunque rivenditore o verificare il dato via internet. Nei propri cataloghi, ogni rivenditore indica la potenza generata da ogni elemento, per cui diventa semplice determinare quanti di questi sono necessari per raggiungere la potenza determinata.

Immaginiamo che un elemento del termosifone abbia una potenza di 160 watt. Possiamo adesso determinare quanti elementi saranno necessari per scaldare la nostra stanza.

Volume Stanza = 4 m x 3 m x 2,7 m = 32,4 m3
Coefficiente Termico = 35 kcal/m3
Fabbisogno Termico in kcal = 32,4 m3 x 35 kcal/m3 = 1.134 kcal
Fabbisogno Termico in kW = 1.134 kcal x 1,1630 : 1.000 = 1,32 kw
Numero Elementi Termosifone da 160W = 1,32 kw x 1.000 : 160 w = 8,2 elementi
Bisogna poi valutare ulteriori fattori di dispersione della stanza e la sua esposizione al sole per confermare il numero di elementi ottenuti dal calcolo. In genere si sale del 30%, quindi, circa 10 elementi.

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I TERMOARREDI

Oggi i termosifoni stanno vivendo una seconda giovinezza ribattezzati, termo-arredi; i designer, li hanno re-inventati, trasformandoli in oggetti di arredo, bellissimi da guardare non più oggetti da nascondere dietro una tenda o una griglia, ma da esibire. Hanno anche specializzato le loro funzioni e le loro possibilità di applicazione: scaldavivande, scaldasalviette, appendiabiti, quadri e tanto altro.

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L’IMPIANTO A PAVIMENTO

Una soluzione che sta prendendo piede nel campo del riscaldamento di interni, migliore da un punto di vista delle resa termica e da quello estetico, ma evidentemente più costoso, è quello del riscaldamento radiante a pavimento.

In pratica, si stende uno strato isolante sul sottofondo del pavimento, in modo che il calore non possa essere disperso verso il basso e vi si posano sopra una serie di tubazioni con un andamento a serpentina di tubo flessibile. Successivamente si annega l’opera costruita nel massetto di posa del rivestimento (solitamente piastrelle).

Il sistema presenta notevoli vantaggi rispetto ai sistemi tradizionali:

  • miglioramento del benessere abitativo. Il calore si trasferisce uniformemente dal pavimento in ogni angolo della casa;
  • riduce i costi d’esercizio nell’ordine del 30/40%;
  • può fungere anche da impianto di refrigerazione estiva apportando minime modifiche. Ovviamente nel periodo estivo circolerà acqua fredda a 10°C. In questo caso è necessaria l’installazione di un sistema di deumidificazione.

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IMPIANTO A PAVIMENTO TERMOSIFONE CALCOLO ELEMENTI
Durata: 4:38 Durata: 2:04
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Gen 242013
 

La casa, l’appartamento, un edificio, una costruzione in generale, debbono essere dotati di reti e impianti che ne garantiscono la funzionalità dopo la costruzione. Infatti, nessun edificio potrebbe essere utilizzabile in assenza di impianti. Possiamo paragonare gli impianti dell’edificio, al sistema di reti che attraversano il nostro corpo sistema sanguigno, sistema nervoso, sistema linfatico e così via dicendo. E’ anche vero che in un edificio, solo alcuni degli impianti sono indispensabili. Tra questi, quello elettrico, idrico, di scarico o fognario e, alle nostre latitudini, anche il quello di riscaldamento.

E’ ovvio che oggi in una realtà fortemente tecnologica, i sistemi di reti all’interno degli appartamenti o delle costruzioni sono in genere molti di più, come ad esempio la rete citofonica, la rete telefonica, il sistema di video-sorveglianza, il cablaggio internet (wi-fi o ethernet) e altri, ma solo quelli citati in precedenza sono necessari e la loro definizione è effettuata in fase di progettazione dell’edificio.


IMPIANTO ELETTRICO

L’impianto elettrico è quel sistema di fili conduttori, di cavi e di accessori che hanno la funzione  di portare l’elettricità all’interno delle nostre case. Questo presuppone l’esistenza di un ente fornitore (gestore elettrico) e di un utente (noi), che stipuliamo un contratto per la fornitura dell’elettricità. Oggi, la scelta è varia, perché siamo entrati nel regime del libero mercato, ossia l’elettricità non può più essere fornita dal gestore monopolista (ENEL), ma può essere erogata anche da altri soggetti non necessariamente italiani (questo ha consentito in alcuni casi, concorrenza e abbassamento dei costi).

Vediamo quindi di scoprire com’è realizzato un impianto elettrico e quali sono gli elementi essenziali che lo costituiscono seguendo il percorso che l’elettricità fa dalla centrale (gestore) alla nostra casa (utenza).

Per prima cosa bisogna dire che, l’impianto elettrico trasportando corrente, è potenzialmente una fonte di pericolo per le persone e le cose, quindi non può avvenire (questo trasporto) all’aperto o in modo che sia facilmente raggiungibile dagli individui. Per cui questo avviene o nel sottosuolo o molto in alto sui cavi dell’alta tensione sospesi su enormi tralicci metallici.

Dalla centrale, la corrente viaggia velocissima verso le nostre case. Una rete sotterranea di cavi attraversa le nostre città sotto le strade e da queste giunge ad ogni utenza servita.

IL CONTATORE ELETTRONICO

Il primo oggetto “elettrico” che troviamo nel nostro edificio (sia si tratti di un condominio che di una casa singola) è il cosiddetto “contatore“. E’ una scatola normalmente di colore bianco che ha lo scopo di registrare i consumi effettuati in modo da poter definire l’importo di spesa da addebitare. Il suo display, fornisce diverse informazioni che possono essere lette in tempo reale dall’utente. Ad esempio il numero di contratto, il consumo registrato, la potenza erogata, il funzionamento dell’impianto, ecc.

Questo oggetto, detto anche “contatore intelligente” è uno strumento che ha cambiato il rapporto che l’ente gestore ha con i suoi clienti, inserendo parametri di semplicità, trasparenza e rapidità. Il contatore, lavora in maniera bi-direzionale, aiutando l’utente a sviluppare maggiore consapevolezza sui propri consumi e a effettuare scelte più consapevoli tra le tariffe offerte e facilita il gestore nell’effettuare controlli e modifiche in remoto (ossia dalla sede) permettendo operazioni quali, nuovi allacci, cessazioni, subentri, senza intervento dell’operatore e senza disturbare l’utente.

Se il contatore rappresenta lo strumento di ingresso dell’elettricità nel nostro edificio, l’interruttore magneto-termico (salvavita) rappresenta il primo elemento elettrico dentro casa nostra.

IL SALVAVITA

L’interruttore magnetotermico differenziale, detto anche salvavita, è un dispositivo di sicurezza in grado di interrompere il flusso elettrico in un circuito in caso di contatti accidentali con parti in tensione o di guasto (cortocircuito o sovracorrente).

L’interruttore magnetotermico differenziale svolge, quindi, tre funzioni:

una magnetica proteggendoci in caso di cortocircuito;

una termica proteggendoci da un sovraccarico, cioè da un assorbimento di corrente superiore a quella del normale funzionamento dell’impianto;

una differenziale proteggendoci dai contatti accidentali con parti in tensione o dalle dispersioni di corrente.

Protezione dal cortocircuito (protezione magnetica)
Questo tipo di guasto si verifica quando due conduttori a differente potenziale entrano in diretto contatto tra loro, provocando un elevatissimo e istantaneo flusso di corrente.
La rilevazione di questo evento avviene per mezzo di un relè. L’elevato impulso di corrente crea un campo magnetico che attira una piccola ancora, la quale provoca l’apertura dell’interruttore. Il tempo di intervento è istantaneo, in modo da evitare sollecitazioni termiche e meccaniche dovute all’elevata corrente di corto circuito, dannose per le condutture e le apparecchiature elettriche.

Protezione dal sovraccarico (protezione termica)
Questo problema si verifica quando l’intensità di corrente supera un valore prefissato ad esempio per troppi apparecchi accesi contemporaneamente. La rilevazione avviene per mezzo di una “resistenza elettrica” costituita da una lamina realizzata con due metalli diversi. A causa della differenza nella dilatazione termica di due metalli accoppiati, la lamina si piega fino a provocare lo scatto dell’interruttore. Il tempo di intervento non è istantaneo ma dipende dai modelli di magnetotermici.

Protezione da dispersione o contatto (protezione differenziale)
Questo problema si verifica quando in un sistema monofase, la corrente che passa dalla fase e dal neutro è diversa, ciò significa che questa sta percorrendo una strada diversa. Ad esempio attraverso il corpo di una persona (scossa elettrica) ossia per contatto diretto o attraverso un elettrodomestico collegato all’impianto di terra per cedimento dell’isolante o difetto di fabbricazione. L’interruttore differenziale confronta continuamente la corrente nella fase con quella nel neutro e scatta quando avverte una differenza.

Per il principio di Kirchhoff, in un circuito, le correnti entranti e quelle uscenti debbono essere pari a zero. Se l’isolamento di un’apparecchiatura elettrica, ad esempio una lavatrice, si guasta, è possibile che si crei un collegamento molto pericoloso tra la carcassa della lavatrice e la linea elettrica. Questa connessione, può causare una folgorazione delle persone che toccano la carcassa o un incendio a causa dell’accumulo di calore per effetto Joule (per evitare che sia un essere umano a restare folgorato per contatto, ogni apparecchiatura elettrica deve essere collegata ad un adeguato impianto di messa a terra).

TUBI CORRUGATI

Attraverso una serie di condutture (tubi) annegate nel massetto sotto il pavimento o incassate nelle pareti, l’elettricità raggiunge ogni punto della casa in modo discreto e invisibile realizzando quello che viene chiamato impianto elettrico.

I tubi che contengono i conduttori devono essere di tipo semirigido corrugati e sono colorati in base a quanto stabilito dalla normativa CEI 64-100/2 che ne fissa i colori in funzione del loro utilizzo. Questa schematizzazione per colori, favorisce la differenziazione dell’impianto ed una più semplice progettazione da parte dell’installatore. Avremo così un utilizzo dei tubi corrugati secondo lo schema illustrato di seguito:

L’utilità del tubo è quella di garantire un percorso ottimale, una sicurezza contro le possibili folgorazioni e dispersioni elettriche e una garanzia contro eventuali incendi dell’impianto in quanto realizzato in polietilene ignifugo.

CONDUTTORI

All’interno dei tubi corrugati, passano i cavi elettrici. Questi, come un’autostrada per le automobili, consentono all’elettricità di raggiungere ogni punto desiderato della casa, individuato in fase progettuale. I cavi elettrici, sono avvolgimenti di fili metallici (conduttore) normalmente rame (ottimo compromesso tra costo e conducibilità elettrica) all’interno di guaine di gomma colorate (isolante). I colori delle guaine di gomma sono normalmente nero e/o marrone per il conduttore di fase, blu per il conduttore neutro e giallo verde per il conduttore di terra. Questi colori sono stabiliti dalla normativa e sono una condizione essenziale affinché l’impianto possa essere dichiarato conforme. Sono ammessi altri colori solo nel caso in cui tali colori siano espressamente indicati nella suddetta dichiarazione. Quindi se dovete adeguare l’impianto assicuratevi che l’installatore usi solo i colori a norma, in caso contrario richiedete uno schema elettrico dell’impianto con una descrizione del codice colori usato.

PUNTO LUCE

Ogni punto in cui la corrente è utilizzabile, ossia dove i conduttori fuoriescono dai loro percorsi all’interno delle murature, prende il nome di punto luce. Per cui un punto luce è ad esempio una presa elettrica, un interruttore, una scatola di derivazione, una lampada sul soffitto, ecc. Pertanto se in una camera abbiamo tre prese elettriche, due interruttori e un lampadario, avremo sei punti luce.

Ma quali sono gli elementi essenziali di cui è composto un punto luce classico?

Iniziamo dalla scatoletta, un guscio in plastica rigida normalmente di colore giallo o arancio che viene incassato nella parete li dove dobbiamo realizzare un punto luce. La scatoletta, diventa punto di smistamento (arrivo e partenza) dei cavi elettrici e dei tubi corrugati. La sua posa è affidata al muratore su indicazione dell’elettricista. Una volta che il cemento con cui è fissata la scatoletta è asciutto, l’elettricista può iniziare il suo lavoro.

Il supporto, è l’elemento in plastica su cui vengono fissati per incastro gli elementi dell’impianto elettrico. Questo viene avvitato alla scatoletta attraverso una coppia di viti poste agli estremi.
Ogni supporto, è dotato di uno spazio centrale per il fissaggio degli elementi elettrici pari a tre posizioni. Se le tre posizioni non vengono riempite tutte da elementi funzionanti dell’impianto, l’elettricista vi pone un elemento fisso che prende il nome di tappo la cui funzione è estetica, ma soprattutto di sicurezza evitando che restino scoperti elementi dell’impianto elettrico.
I frutti, sono tutti quegli elementi dell’impianto che vengono collegati ai conduttori e che ci consentono di sfruttare la corrente dell’impianto. Sono ad esempio gli interruttori, le prese, i pulsanti, i dimmer, ecc. A seconda della serie, possono riempire una, due o tutte e tre le posizioni del supporto.

Infine, la placchetta, è il rivestimento che si fissa per incastro o avvitamento al supporto ed ha molteplici funzioni, prima tra tutte quella di rifinire esteticamente il nostro punto luce. È l’unico elemento che coinvolge direttamente nella scelta l’utente che può optare tra una gamma di colori e materiali diversi che ne influenzano anche il prezzo.

ELEMENTI DELL’IMPIANTO
Approfondiamo adesso, per finire, alcuni degli elementi dell’impianto elettrico maggiormente diffusi e utilizzati. Partiamo dagli interruttori; sono dispositivi elettrici in grado di interrompere un circuito elettrico. Quando l’interruttore consente il passaggio della corrente si definisce chiuso, quando invece il passaggio della corrente è impedito, si definisce aperto.
Da non confondere l’interruttore con il pulsante deviatore; formalmente simili, sono profondamente diversi tra loro. Il pulsante, a differenza dell’interruttore ha una molla che, una volta premuto, lo riporta alla posizione di partenza appena viene rilasciato. Il deviatore, non interrompe il flusso di corrente di un cavo elettrico (come l’interruttore), ma devia questo flusso su di un altro cavo. Per cui, potremo comandare lo stesso punto luce da più punti diversi, oppure comandare diversi punti luce dallo stesso deviatore.
Le prese, invece, sono dei particolari elementi dell’impianto elettrico che consentono il collegamento di lampade o altre apparecchiature. Queste per funzionare debbono essere dotate di connettori meccanici detti spine. Esistono tantissime tipologie di prese che variano a seconda del paese in cui ci troviamo, ma alcuni tipi sono diventati standard grazie alla diffusione di apparecchiature elettriche che li sfruttano. Una tra queste è la presa detta Shuko, che in tedesco vuol dire messa a terra. E’ una presa simmetrica che presenta i contatti della messa a terra lateralmente anziché con un perno.
Esistono, infine, una quantità enorme di elementi elettrici che consentono le più disparate tipologie di connessioni. TV, telefono, ethernet, audio, dimmer, parti integranti del nostro sistema di vita, basato sempre più sul concetto di domotica, ossia la scienza che studia le tecnologie atte a migliorare tutti gli aspetti della vita all’interno della casa.
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Mar 272012
 
Oggi EducazioneTecnica.com svolge un servizio pubblico-informativo diffondendo una notizia che riguarda da vicino il mondo della scuola e la tecnologia.
Nel progetto di diffusione delle teknologie nelle scuole finalizzate al risparmio energetico, il Ministero dell’Ambiente ha realizzato un bando di concorso rivolto a Comuni e Provincie per la diffusione degli impianti fotovoltaici sugli edifici scolastici. Il bando mette a disposizione l’importo di tre milioni di euro pari al 100% del costo ammissibile con un limite massimo di 40 mila euro per edificio scolastico Non sono previsti oneri a carico dell’ente locale. Il primo bando diramato dal Ministero, chiamato IL SOLE A SCUOLA prevedeva una copertura economica di 9 milioni e 700 mila euro ed  ha visto la partecipazione di oltre 1.300 scuole. Circa 800 gli interventi approvati, 500 dei quali completati con una massiccia adesione delle scuole siciliane. La seconda edizione di questo concorso prevede di raggiungere altre 1000 scuole pubbliche. Il premio andrà a chi produrrà i migliori elaborati sull’analisi e il risparmio energetico. Sulla pagina del Ministero www.minambiente.it, il testo e tutte le informazioni sul nuovo  bando. Il comunicato relativo al Bando in questione è già stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2012.

 

Il bando, come detto è rivolto agli enti pubblici, proprietari di edifici che ospitano scuole primarie e secondarie con il coinvolgimento nel progetto  di analisi energetica e interventi miranti alla razionalizzrivolto ai Comuni e alle Province che siano proprietari di edifici ospitanti scuole medie inferiori o superiori ed elementari, è finalizzato alla realizzazione di impianti fotovoltaici sugli edifici scolastici e, simultaneamente, all’ avvio di un’attività didattica volta alla realizzazione di analisi energetiche e di interventi di razionalizzazione e risparmio energetico nei suddetti edifici, tramite il coinvolgimento degli studenti.