Giu 142021
 

Oggi la tecnologia, soprattutto quella indossabile, strizza sempre di più l’occhio alla parte fisica e sportiva, agli allenamenti, alla salute di chi fa esercizio fisico. Fitbit, Apple Watch e molti altri dispositivi, sono diventati compagni di allenamento per molti atleti ma anche per la maggior parte di noi al fine di fornirci indicazioni per effettuare allenamenti nelle migliori condizioni possibili o per stimolarci ad effettuare progressi, o ancora per monitorare la nostra salute e il nostro benessere psicofisico.

Dispositivi sempre più evoluti, sono oggi in grado di fornire una quantità enorme di informazioni che, trasferite poi ad app specifiche sullo smartphone, vengono elaborate, analizzate e sono in grado di fornire risultati in tempo reale condivisibili anche con il proprio medico, o semplicemente per essere consultati per migliorare le proprie performance. Tra questi dispositivi, ce n’è uno nuovo, sviluppato da una start-up italiana con sede a Parma, Biometrica, che ha realizzato uno strumento chiamato Swemax indicato come il primo bio-sensore in grado di analizzare il sudore. Ma perché analizzare il sudore umano? La risposta è semplice; perché questo, tra i fluidi biologici, è quello che trasporta la maggiore quantità di informazioni sullo stato di salute e sulle nostre condizioni atletiche. Il sensore è in grado di catturare i segnali forniti dal sudore e rappresentarli in formato digitale, descrivendo quella che potremmo definire la nostra firma biologica corporea.

Swemax è costituito da un cerotto intercambiabile che aderendo sulla superficie corporea raccoglie microscopiche gocce di sudore che trasmette a un dispositivo elettronico adesso collegato. Un piccolissimo apparecchio posizionato a contatto della pelle all’interno di una specifica tasca su indumenti tecnici, come magliette o canottiere, facenti parte della dotazione biomedica di Swemax. I dati raccolti continuamente, vengono inviati all’interno di uno spazio cloud dove l’intelligenza artificiale del bio-sensore, le elabora e le utilizza per apprendere (Machine Learning) le caratteristiche fisiche della persona che lo indossa.

Il sistema, analizzando i dati che gli arrivano continuamente, è in grado di anticipare eventuali manifestazioni quali crampi o malesseri dovuti a un calo di liquidi o di sali minerali. Il sistema è in grado anche di indicare eventuali rischi di disidratazione, comunicando direttamente tramite lo smartphone sia con l’atleta o con il preparatore atletico in maniera che sia possibile individuare le criticità nell’allenamento e correggere gli eventuali esercizi non idonei.

L’importanza e la quantità di dati sviluppati da questo sistema, è talmente valida da avere suscitato l’attenzione di atleti di calibro internazionale, coach e case di abbigliamento sportivo e tecnico, e sicuramente, questo sarà uno strumento che molto presto potremmo trovare integrato nei nostri dispositivi healtcare.

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Mar 162020
 

Oggi, grazie alla tecnologia, la medicina sta facendo sempre più affidamento a strumenti basati sul rilevamento esterno e non invasivo per ottenere informazioni importanti e tempestive sulla salute delle persone. Infatti è proprio la prevenzione, o la registrazione in tempo di determinati segnali che il nostro corpo emette, a permettere al paziente di salvarsi o al medico di comprendere la situazione clinica ed intervenire.

Sempre più spesso sentiamo o leggiamo di gente salvata dai cosiddetti “wareable” ossia indossabili, come orologi o altri dispositivi elettronici connessi che, registrando le attività di un organo durante la normale quotidianità, forniscono un quadro dettagliato di eventuali patologie o anomalie nel loro comportamento. Questi possono essere semplicemente visti come campanelli d’allarme che avvisano il medico e il paziente della necessità di ulteriori accertamenti.

Questi apparati, stanno diventando sempre più sofisticati e precisi e a Bologna è stato presentato, il primo sistema esterno per la registrazione delle aritmie cardiache. Questa, che è l’azione di alcune cellule che danno il via ad una alterazione delle funzionalità del cuore, vengono individuate tramite l’inserimento di un sondino attraverso un’arteria o una vena. Almeno fino ad oggi. Infatti, quello presentato a Bologna in occasione del Congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC), è un giubbotto dotato di 252 sensori che, registrano le variazioni elettriche prodotte dal nostro organo e realizzano una mappa 3D in tempo reale del cuore anche con un singolo battito.

Una volta indossato il giubbotto, questo consente di avere una panoramica continua e simultanea di entrambe le camere cardiache, impossibili da ottenere con i tradizionali metodi diagnostici e inoltre, registra segnali elettrocardiografici dal torace e li combina con i dati di una tomografia assiale computerizzata. Questo consente anche di determinare la zona o la cavità cardiaca dalla quale arriva l’anomalia con estrema precisione. Ma la ricerca non si è fermata qui: infatti i ricercatori continuano a lavorare per ottimizzare questa seconda pelle e renderla capace di misurare non semplicemente le calorie consumate o il battito cardiaco come adesso, ma addirittura di cogliere quei segnali che possono indicare la presenza di un ictus cerebrale e mandare un allarme a chi si occupa del soccorso. Sarà possibile, inoltre, comprendere quale tipo di malattia sta colpendo l’individuo attraverso sensori cromatici utilizzando sistemi come Hiris brevettato dall’Istituto Italiano di Tecnologia che, registra parametri relativi alla geometria e ai movimenti dell’individuo per monitorarne e migliorarne lo stile di vita e l’attività sportiva. Questo sistema è espandibile con altre tecnologie ed altri apparati in modo da creare una vera e propria “stazione“ indossabile capace di monitorare e trasmettere una moltitudine di informazioni sullo stato fisico e di salute dell’individuo.

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Giu 222017
 

Il cuore, come altri organi importanti del nostro corpo, quando per una molteplicità di cause, smettono di funzionare correttamente, è possibile mantenerli in attività attraverso specifici dispositivi medici. Il limite di questi, sta nel fatto che utilizzano sistemi di alimentazione basati su sostanze non sempre bio-compatibili e che devono sostituire gli accumulatori quando scarichi.

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I ricercatori dell’Università della California, Los Angeles (UCLA) e dell’Università del Connecticut hanno realizzato un nuovo dispositivo che è totalmente bio-compatibile, sfrutta l’estrema sottigliezza del grafene ed ha carica praticamente inesauribile. Si tratta di una specie di batteria in grado di estrarre energia dal corpo umano e inviarla ad un circuito elettrico utilizzabile da dispositivi medici.

Si tratta di un super-condensatore composto da un elemento chiamato raccoglitore, formato con strati di grafene e proteine umane modificate. Questi si comportano come se fossero gli elettrodi di una pila, capaci di accumulare l’energia dal corpo umano a partire dal movimento e dal calore. In questo modo estraggono cariche elettriche dagli ioni che si trovano nei liquidi che lo compongono, come sangue e urine.

La scelta del grafene è dovuta alla sua estrema sottigliezza. Avendo infatti lo spessore di un solo atomo, è possibile creare dei dispositivi da impiantare sul corpo del paziente, estremamente sottili, anche meno di un capello e conseguentemente estremamente flessibili e adattabili.

Superconduttore03Il super-condensatori, inoltre, possono essere caricati e scaricati molto velocemente, offrendo una maggiore densità e quindi potenza, stabilità nei cicli di ricarica e la possibilità di utilizzare anche fluidi esterni al corpo umano come elettroliti.

I vantaggi di questa soluzione sono molteplici; questo sistema di accumulo, come detto è bio-compatibile, quindi dovrebbe eliminare i problemi di rigetto nei pazienti. Utilizza materiali non tossici, anzi altamente tollerabili dal corpo umano; i cicli di ricarica possono essere infiniti eliminando in questo modo la necessità di ricorrere a interventi per la sostituzione delle batterie.

Vedremo quali saranno le future applicazione di questa scoperta, intanto i ricercatori affermano che la soluzione è già pronta per le realizzazione di alcuni dispositivi bio-medicali, come pacemaker cardiaci.

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Giu 112013
 

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Su indicazione di un mio alunno, propongo oggi un articolo interessantissimo che tratta di una novità tecnologica di grande rilievo. Ispirato forse dai Google Glass, Fabrizio scandagliando la rete ha trovato un blog che parla di un’innovazione che ci richiama ad altri argomenti già affrontati su queste pagine. Vi ricordate il grafene? Ebbene, un team di ricercatori di tutto il mondo ha sviluppato una tecnologia per la realizzazione delle lenti a contatto del futuro.

Si tratta di un mix altamente conduttivo ed elastico realizzato da fibre di grafene e da nanofili di argento trasparente. Questi, fissati ad un obiettivo off-the-shelf permettono la realizzazione di un dispositivo molto simile ai Google Glass, ma sotto forma di lente a contatto.

Lenti a contattoI ricercatori hanno testato per lungo tempo queste nuove lenti sull’occhio dei conigli in quanto molto simili a quello umano. Nei test condotti per cinque ore consecutive di applicazione della lente sull’occhio del coniglio, questi non hanno tentato di strappassero strofinandosi e non avuto neanche ricavato arrossamenti percepibili sulla cornea.

Il capo della ricerca Jang Ung-Park, ingegnere chimico presso l’Istituto Nazionale di Ulsan della Scienza e della Tecnologia, ha affermato di voler realizzare un dispositivo che svolga le stesse funzioni dei Google Glass solo senza tutta la struttura esterna, quindi adattandoli direttamente alla forma dell’occhio umano.

Riusciranno i ricercatori a realizzare questo ambizioso progetto?

Grazie Fabrizio per la consulenza.

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Feb 232013
 

iWatch3Molte sono le voci che si rincorrono sulla rete in riferimento ad un fantomatico dispositivo indossabile made in Apple, e pare che finalmente un primo elemento di conferma sia arrivato a suffragare tutte le illazioni che fino ad oggi autorevoli e non conoscitori di Apple hanno messo in giro alimentando un incredibile tam tam. Infatti, pare che Apple abbia depositato un brevetto che confermerebbe quanto affermato da molti; Apple, pare infatti, stia lavorando da tempo all’iWatch, un orologio con schermo curvo deformabile, utilizzabile come dispositivo stand alone o in abbinamento ad altri dispositivi della Mela quali l’iPhone o l’iPad. Il brevetto, individuato da AppleInsider offre una panoramica piuttosto completa delle caratteristiche, delle funzioni possibili e anche di alcune soluzioni costruttive. Sulla rete questo nuovo dispositivo è subito stato denominato iWatch per comodità, ma ne Apple, ne sul brevetto compare mai tale indicazione. Tale dispositivo, pare sia dotato di schermo da dimensioni notevoli e touch, pieghevole, con braccialetti di diverso genere, sostituibili e regolabili in modo da adattarlo al polso o al braccio. Tra le soluzioni adottate, velcro e meccanismi a scatto, ma una parte consistente della documentazione parla di un braccialetto snap che può assumere una forma piatta o ripiegata a cerchio (come i braccialetti a scatto per i bambini).

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Tra le caratteristiche incluse in questo dispositivo troviamo il giroscopio, l’accelerometro, pannelli solari, meccanismi per raccogliere l’energia cinetica, tecnologie wireless come Bluetooth e/o Wi-Fi più una serie di sensori che permettono di abilitare o disabilitare sezioni dello schermo a seconda di come l’iWatch è indossato. Nelle descrizioni, si trovano anche indicazioni per chi è dotato di un piccolo polso o per i bambini; l’iWatch rileva la parte superiore o inferiore dello schermo disabilitando la parte non utilizzabile e spostando la parte touch dove lo schermo è libero. Se invece iWatch è applicato al braccio o su un polso più grande, lo schermo potrebbe essere completamente utilizzabile e i sensori in questo caso si occupano di mantenere le immagini e le informazioni allineate e corrette rispetto all’occhio dell’osservatore.

L’iWatch lavorerà in abbinamento con l’iPhone consentendo di modificare le playlist in esecuzione, visualizzare l’elenco delle telefonate e con una tastiera virtuale sarà possibile rispondere ai messaggi. Le indicazioni in merito ai pannelli solari e al meccanismo in grado di trasformare l’energia cinetica in energia elettrica, sono chiaramente possibili soluzioni per garantire autonomia dell’iWatch.

Pare che alla Apple stia lavorando a questo brevetto un team di 100 persone. Se questo fosse vero la concretizzazione del progetto iWatch sarebbe solo una questione di tempo. E’ anche vero che della mole enorme di brevetti che la Apple deposita ogni anno, solo una parte si trasforma in reali prodotti che finiscono sugli scaffali.

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Non sappiamo se questo dispositivo diverrà realtà, ma amiamo la Apple perché ci fa sempre sognare con questi misteriosi prodotti che stimolano la fantasia e la curiosità di ognuno di noi. Vedremo se l’iWatch diverrà il prossimo oggetto del desiderio, o resterà un progetto fantasioso e originale.

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