Mar 012024
 

BCI è l’acronimo di Brain Computer Interface, la prima soluzione software che si interfaccia con il cervello umano.

È il frutto della ricerca nata all’interno della società fondata da Elon Musk e da altri imprenditori per creare la prima interfaccia cervello computer commerciale al mondo, con lo scopo dichiarato di poter controllare un computer direttamente con il pensiero.

Dopo anni di ricerca, molto più lunghi del previsto, la società ha raggiunto nel 2023 l’autorizzazione per procedere alla sperimentazione su un essere umano: è iniziata così la ricerca di candidati umani disposti a sperimentare l’impianto neurale della società di Musk. Si tratta di persone affette da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) o che soffrono di quadriplegia a causa di lesioni del midollo spinale cervicale.

Il primo impianto umano è stato effettuato il 28 gennaio 2024 e a darne… (se vuoi continuare ad approfondire, clicca sull’immagine qui sotto per leggere il resto dell’articolo)


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Apr 152019
 

Come era prevedibile, passano i giorni e i mesi e cominciano a vedersi i primi risultati, le prime applicazioni concrete del “wonder material“, il grafene. Per la prima volta un gruppo di ricerca della Columbia University, guidato da Young Duck Kim, è riuscito a realizzare una lampadina a base di grafene la cui luce viene generata da un filamento di dimensione mono atomica. Questo significa che è stata progettata e realizzata la più piccola lampadina mai costruita dall’uomo.

Questo studio apre degli incredibili risvolti dal punto di vista dei dispositivi elettronici e di comunicazione. Lo scopo è quello di implementare fonti di luce infinitesimali all’interno di chip in silicio, cioè quelli utilizzati nei processi di computer, che utilizzino la luce anziché l’elettricità per processare le informazioni il che, comporterebbe un notevole incremento nella velocità e nella quantità di dati trattabile nell’unità di tempo.

Si tratta di un lavoro in collaborazione tra l’università americana e due gruppi accademici coreani il Seoul National University e il Korea Research Institute of Standards and Science che, hanno sviluppato questa nuova tecnologia. In pratica si tratta di filamenti di grafene attaccati ad elettrodi metallici, ma la cosa straordinaria è che non sono appoggiati sul chip di silicio, bensì sospesi al suo interno. Questi filamenti mono-atomici di grafene possono scaldarsi fino a 2500°C di temperatura, la metà di quella della superficie del Sole generando così una luce visibile a occhio nudo nonostante le dimensioni praticamente invisibili della fonte.Finora non era stato possibile raggiungere questi risultati perché nessun materiale di questa dimensione era stato in grado di sopportare tali temperature. Il grafene invece non solo alla capacità di resistere a questo elevatissimo calore e di concentrarlo solo nella parte centrale il foglio senza così  toccare gli elettrodi metallici che potrebbero fondere, ma anche di condurre l’elettricità contemporaneamente. Inoltre il fatto che il grafene sia sospeso e non appoggiato sul materiale, migliora di circa 1000 volte l’efficienza.L’altra cosa incredibile, è che la lunghezza d’onda di questa luce può essere variata in base alla posizione in cui è sospeso il foglio di grafene, permettendo così di regolarne anche l’intensità.

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Mag 232018
 

La miniaturizzazione non conosce confini e l’ultimo ritrovato in questa direzione viene dal colosso informatico dell’IBM. Di cosa si tratta? Del più piccolo chip mai realizzato. Se volessimo trovare un termine di paragone per far capire qual’è la sua dimensione bisognerebbe confrontarlo con un granello di sale come mostrato nell’immagine sotto.

Ma nonostante le ridottissime dimensioni, questo prodigio della tecnologia ha una discreta potenza, paragonabile ai chip degli anni ’90, gli X86 come possiamo ricordare. Certo non potrà fare concorrenza ai processori adottati oggi nei computer di uso quotidiano, ma sicuramente è in grado di svolgere egregiamente parecchi compiti. Inoltre, a dispetto della sua dimensione, contiene migliaia di transistor.

I vantaggi di questo minuscolo componente elettronico sono tanti. A partire dal prezzo: per IBM il chip costerà solo 10 centesimi di dollaro; sarà inseribile in ogni oggetto grazie alle sue ridottissime dimensioni, in modo da poter analizzare, monitorare e comunicare dati e informazioni su questo quando necessario. In questo modo sarà possibile monitorare ad esempio le spedizioni, come potrebbe essere possibile evitare le frodi o addirittura i furti proprio in virtù della tracciabilità. Senza dimenticare la possibilità di svolgere compiti quali ordinare dati, effettuare calcoli, svolgere specifiche operazioni.

Il chip è stato presentato da IBM alla conferenza annualeIBM Think 2018 sotto forma di prototipo, ma l’azienda è sicura che nel giro di pochi anni, potremo inserire questi ausili digitali in ogni oggetto che caratterizza la nostra vita quotidiana e chissà che la versione definitiva non sia addirittura più piccola.

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Mag 142018
 

I circuiti stampati, con i quali realizziamo i nostri processori, le schede madri, e gli altri dispositivi elettronici che riempiono i nostri gingilli elettronici, vengono ogni giorno potenziati e migliorati, ma uno dei fattori chiave di questo successo sono le dimensioni. Infatti, la tecnologia, sta tentando di ridurre il più possibile le dimensioni di questi elementi ma sta trovando sempre maggiore difficoltà nel miniaturizzarli, perché i processi con cui ciò avviene hanno quasi raggiunto il limite scientifico. Per cui gli scienziati, stanno cercando vie alternative ai normali processi di produzione. Inoltre, gli attuali chip, sono costosi e difficili da smaltire rendendo questo processo anche negativo per l’ambiente.

Sono tante le strade che si stanno sperimentando, ma una nuova idea giunge in questo campo dagli studiosi del dipartimento di ingegneria dell’Università di Pisa. Infatti, secondo il loro progetto, sarebbe possibile stampare su di un semplice foglio di carta utilizzando una comune stampante a getto di inchiostro, anziché lettere, circuiti stampati.

Questo prodigio è dovuto soprattutto all’uso di materiali definiti bidimensionali, come e soprattutto, il grafene.

Questo progetto, finanziato dalla Comunità Europea e realizzato con la collaborazione dell’Università di Manchester in Inghilterra, è appunto finalizzato ad indagare i possibili impieghi di questi materiali bidimensionali nel campo dell’elettronica.

L’idea è quella di stampare direttamente su supporti flessibili come la carta, circuiti elettronici in modo da renderli assolutamente bio-degradabili, smaltitili con facilità e di conseguenza rispettosi dell’ambiente.

Tante potrebbero essere la applicazioni di questa nuova tecnologia. Ad esempio per la realizzazione di etichette intelligenti, impossibili da contraffare o per specifici dispositivi bio-medicali.

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Apr 022017
 

Nella corsa alla miniaturizzazione di componenti elettronici si inserisce da oggi anche la Swatch Group, la famosa casa produttrice di orologi da polso colorati e di tendenza. Dalla collaborazione di EM Microelectronic, dal centro di ricerche sviluppo di Swatch Group e dallo Swiss Center for Electronics and Microtechnology (CSEM), è nato il più piccolo chip Bluetooth al mondo.

Swatch01

Il chip, già aderente agli standard del Bluetooth 5.0, integra al suo interno oltre 5 milioni di transistor sulla straordinaria superficie di soli 5 mm². Inoltre, il chip può funzionare in abbinamento a diversi altri strumenti come sensori, micro-controller a bassissimo consumo e fornisce l’opportunità di integrare la comunicazione Bluetooth in qualsiasi dispositivo portatile.

I vantaggi di questo nuovo chip sono diversi: è il più piccolo chip Bluetooth mai realizzato al mondo, è quello che consuma di meno ed è quello che si avvia più velocemente di tutti.

Swatch02

L’insieme di tutte queste caratteristiche lo rendono molto appetibile nel mondo dell’elettronica di consumo e le società svizzere coinvolte, quelle che hanno sede nella cosiddetta “Swiss Silicon Valley”, vi  stanno investendo massicciamente e collaborando con diversi settori. Sicuramente le dimensioni e le caratteristiche di questo nuovo chip contribuiranno a generare una forte crescita in alcuni settori dove questa tecnologia è particolarmente utile come ad esempio nel settore della Dual Frequency RFID o i moduli Real Time Clock.

Tanti saranno sicuramente i possibili impieghi e già molte società svizzere come la Tag Heuer hanno già investito sull’integrazione di questo nuovo chip nei loro dispositivi indossabili. Ma sicuramente sentiremo ancora parlare delle future integrazioni di questo minuscolo miracolo dell’elettronica.

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Dic 162012
 

IBM, il colosso dell’elettronica mondiale, pare abbia trovato un nuovo modo per trasmettere le informazioni attraverso l’uso della luce anziché  l’elettricità. Questo apre scenari nuovi per i computer del futuro, capaci in questo modo di trasmettere una quantità di dati maggiore e in minor tempo. Questa nuova tecnologia, chiamata “nanofotonica in silicio“, consentirà di integrare in un unico chip, costruito con una maggiore miniaturizzazione rispetto al passato, sia componenti ottici che componenti elettrici ed elettronici.

Questo consentirà di collegare al volo diversi computer e scavalcando il problema classico della saturazione di banda e della limitazione del trasferimento dati nelle interconnessioni tradizionali.

Il responsabile di questa ricerca, il dottor John E. Kelly, Senior Vice President e Director di IBM Research, orgogliosamente ha affermato “che questa scoperta è una grande rivoluzione ed è frutto di dieci anni di ricerca e sperimentazione e consentirà di trasferire la tecnologia della nanofotonica in silicio nell’ambiente di produzione reale, con un impatto su una vasta gamma di applicazioni”. La nanofotonica, ormai matura per la commercializzazione e l’uso in ambito aziendale si pone come la soluzione più idonea alla sempre maggiore richiesta di velocità per la trasmissione in tempo reale delle informazioni e per il collegamento di sempre maggiori quantità di terminali indipendentemente dalla loro distanza fisica. Sarà, infatti, possibile trasferire terabyte di dati in pochi istanti da una parte all’altra del pianeta grazie agli impulsi luminosi delle fibre ottiche.

IBM è riuscita in questo miracolo elettronico aggiungendo alcuni moduli ad una linea di fabbricazione di CMOS da 90 nm ad alte prestazioni. Di conseguenza, è possibile fabbricare, in una normale linea di produzione, singoli chip contenenti anche ricetrasmettitori per comunicazioni ottiche, con una significativa riduzione di costi rispetto agli approcci tradizionali. La tecnologia della nanofotonica CMOS, dimostra la possibilità di costruire ricetrasmettitori in grado di superare una velocità di trasmissione dati di 25 Gbps per canale riuscendo, inoltre, ad implementare una serie di flussi di dati ottici paralleli su di un’unica fibra, utilizzando dispositivi WDM “on-chip” compatti. Tutto questo, ossia la capacità di scambiare simultaneamente grandi flussi di dati in parallelo e di scambiarli a velocità di trasmissione elevate, consentirà la scalabilità delle comunicazioni ottiche del futuro.

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Feb 212012
 

Al Solid State Circuits Conference di San Francisco, Intel presenterà la nuova generazione di processori Atom. Il progetto, che prende il nome di RosePoint, prevede un’integrazione del trasmettitore wi-fi all’interno dello stesso processore. Con questa integrazione i vantaggi sarebbero molteplici; innanzitutto, Intel, eliminerebbe un chip dalle proprie schede madri, abbassando i costi e riducendo notevolmente i consumi. Inoltre, questo consentirebbe anche una notevole riduzione dei costi di produzione oltre che una riduzione in termini di dimensioni delle schede e quindi anche dei computer e del loro peso relativo.

Qualcomm, già produce per ARM processor non solo dotati di wi-fi ma anche di connessioni 3G e 4G. Intel vuole colmare questo gap e prevede di integrare in seguito anche le connessioni per reti cellulari. Ovviamente l’obiettivo è quello di produrre processori poco ingombranti, costosi e parchi nei consumi per equipaggiare non solo gli smartphone, ma anche i tablets del futuro.

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