prof. Davide Betto

laurea in Architettura conseguita presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria; dottorato di ricerca conseguito presso la Facoltà di Napoli in Metodi di Valutazione. Si è abilitato all'insegnamento nella classe di concorso "A033 - Educazione Tecnica nella scuola media" nel 2004 e dal 2007 è diventato docente di ruolo. Insegna a Catania presso la scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri. Appassionato di informatica che, insegna nelle classi 2.0 e 3.0, webmaster per diletto e utilizzatore avanzato di programmi C.A.D., grafica e video produzione. Autore di questo blog e vincitore del premio internazionale come miglior sito dell'anno 2016 nell'area Carriera e Formazione. Autore per casa editrice Lattes Editori di Torino per la quale cura il blog iLTECHNOlogico.it e le pubblicazioni di tecnologia.

Nov 192015
 

Ogni fenomeno, ogni avvenimento, ogni evento che accade in natura, colpisce l’inconscio di ciascuno di noi e per alcuni in particolare, artisti e architetti, diventano elementi di grande ispirazione per la realizzazione delle proprie creazioni. Il mondo è pieno di opere frutto di ispirazione tratte dalla natura, dagli edifici della bio-architettura ai nuovi materiali.

FacciateBioMimetiche03Basandosi proprio sui fenomeni naturali, uno studente del Master in Product Design al Royal College of Arts di Londra, Chao Chen, ha ideato un sistema capace di proteggere le facciate basato sulla bio-mimetica. In pratica, passeggiando in una giornata piovosa in Hyde Park, la sua attenzione è stata catturata dall’osservazione di un fenomeno naturale abbastanza comune. Le pigne degli,alberi del parco, a contatto con le gocce di pioggia, allungavano il loro guscio esterno in modo da evitare il contatto dei pinoli con l’acqua piovana. Da un’osservazione più attenta del frutto, si è reso conto che questo è composto da due strati uno interno ed uno esterno capaci di modificare la propria struttura in modo da proteggere il frutto dall’acqua.

Affascinato da questo fenomeno naturale, Chen ha cominciato a studiare il bio-mimetismo. L’idea era quella di poter applicare i risultati di queste scoperte ad ambiti diversi come l’architettura e l’ingegneria. L’acqua da sempre rappresenta infatti il nemico principale per architetti e progettisti nella realizzazione di edifici capaci di resistere agli agenti atmosferici.

FacciateBioMimetiche05

Il risultato di questa ricerca, è un materiale laminato capace di reagire all’umidità. In pratica questo laminato, a seconda il grado di umidità presente sulla sua superficie, riesce a modificare naturalmente, senza l’ausilio di sistemi elettronici o meccanismi, la propria forma, allungando le fibre e ritraendole in caso di assenza di umidità.

FacciateBioMimetiche06I campi e le prospettive che si sono aperti sono molteplici. Ad esempio in campo agricolo è possibile verificare l’umidità del suolo così da poter intervenire in modo opportuno all’irrigazione dei campi. Una lamina con colorazioni differenti sulle due superfici reagisce con l’umidità e cambia colore avvisando della necessità di acqua per il terreno.

FacciateBioMimetiche02

In campo architettonico, invece, Chen ha sperimentato una pensilina composta da lamelle capaci di chiudersi ermeticamente a contatto con l’acqua impedendone il passaggio così da proteggere le persone che vi soggiornano sotto. Al contrario in assenza di acqua le lamelle si aprono consentendo alla luce di passare generando un filtraggio della stessa con un effetto albero.

FacciateBioMimetiche04

Il prototipo più interessante è quello che realizza una facciata dinamica per un edificio. Si tratta di una serie di elementi romboidali uniti attraverso dei perni come fossero i petali di un fiore. Ogni elemento è libero di incurvarsi o di raddrizzarsi. In questo modo nelle giornate di pioggia i petali si distendono impedendo di fatto il passaggio dell’acqua, mentre quando il tasso di umidità cala, i petali si curvano nuovamente permettendo il passaggio della luce solare e del calore.

FacciateBioMimetiche07

I colori sono tenui e chiari proprio per rendere luminose le facciate degli edifici nelle giornate cupe e piovose e rappresentano un ottimo connubio tra design e innovazione.

Prima di poter essere immesse sul mercato e prodotte in serie, le facciate bio-mimetiche, dovranno essere sottoposte ad una serie di test che ne certifichino la qualità e la resistenza. Infatti bisognerà verificare la loro resistenza ai fenomeni atmosferici o quante volte ad esempio il materiale può curvarsi e tornare nello stato originale.

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Nov 172015
 

PO_TRONCO_Piramide_quad4

DESCRIZIONE:

Strumenti da Disegnofoglio F4 liscio gr.220, matita 3H, squadretteriga e compasso.

Livello: classi terze.

Difficoltà: medio/alta.

Descrizione: usando un foglio dall’album da disegno, effettuiamo la squadratura secondo lo schema appreso (vedi SQUADRATURA). Utilizzeremo l’area da disegno (quella gialla) per realizzare l’esercitazione della scheda sopra.

PROCEDURA OPERATIVA:

posizionando il foglio in orizzontale (ossia con il lato lungo verso di noi), procediamo nel seguente modo:

PO_TRONCO_Piramide_quad1

  1. dividiamo l’area da disegno in quattro parti uguali tracciando un asse orizzontale e uno verticale;
  2. trascriviamo con il normografo i nomi dei diversi piani: P.O. (Piano Orizzontale),P.V. (Piano Verticale), P.L. (piano laterale);
  3. trascriviamo, inoltre, sull’asse orizzontale, all’inizio e alla fine le lettere L. e T.(Linea di Terra);
  4. costruiamo ora su P.O. la vista dall’alto della PIRAMIDE QUADRATA utilizzando le squadrette e la riga;
  5. nominiamo ogni spigolo del rettangolo ABCD (scriviamo piccolo e bene a mano libera) e V il vertice della Piramide;
  6. proiettiamo ciascuno spigolo ABCD ortogonalmente su P.V.;
  7. costruiamo pa proiezione verticale della nostra Piramide avente altezza 10 cm e riportiamo correttamente le lettere ABCD sul Piano Verticale compreso il vertice V;
  8. costruiamo adesso la proiezione della Piramide sul Piano Laterale;
  9. tracciamo adesso sul Piano Verticale e sul Piano Laterale, la linea di sezione (quella in verde) all’altezza stabilita dai dati dell’esercizio;
  10. PO_TRONCO_Piramide_quad2
  11. proiettiamo i punti di sezione sul perimetro della Piramide sul Piano Orizzontale;
  12. PO_TRONCO_Piramide_quad3
  13. rinforziamo il disegno, compresa la sezione;
  14. PO_TRONCO_Piramide_quad4
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Nov 152015
 
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La nuova frontiera della memorizzazione dei dati, arriva da un sistema di archiviazione di tipo ottico oramai allo studio da anni. Da più parti, infatti, si ritiene che la tecnologia olografica possa consentire un deciso e radicale cambiamento in questo ambito. Gli studiosi affermano che le memorie olografiche possano consentire spazi di memorizzazione maggiori, incrementi sostanziali nella velocità di trasferimento dei dati, maggiori densità per la conservazione dei dati.

realtà-olografica

Da oriente viene annunciato lo sviluppo di un nuovo sistema di memorizzazione olografica in grado di memorizzare fino a 2Tb di dati. La Tokyo University of Science ha infatti portato a termine la prima fase di questo progetto affermando che trovando uno sponsor, il progetto potrebbe divenire realtà nei prossimi 3 anni diventando nel futuro il sistema di memorizzazione dei dati standard a livello industriale.

Il sistema di memorizzazione olografico consentirebbe di utilizzare non solo la superficie del disco ma l’intero spessore del suo substrato. Questo sistema sfrutta un laser e un sistema molto complesso di messa a fuoco capace di gestire nel normale spazio di un disco ottico (DVD) l’equivalente di 400 DVD a doppio strato.

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https://www.youtube.com/watch?v=3seTlvQtIgc
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Nov 062015
 
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E’ da molti anni che gli enti spaziali mondiali, alla ricerca di un propulsore idoneo a lunghi viaggi spaziali, hanno focalizzato la loro attenzione su motori definiti ionici ad effetto Hall. Si tratta di una ricerca che ha origini antiche visto che già dagli anni ’50-’60 Stati Uniti ed ex Unione Sovietica avevano avviato studi in questa direzione.

Ma come funziona un motore ionico e quali sono i suoi vantaggi rispetto ai tradizionali motori a combustibile chimico? Scopriamolo insieme.

Ionica03

I motori ionici, intrappolano degli elettroni in un campo magnetico e li utilizzano per ionizzare il propellente, normalmente xeno. A questo punto, un campo magnetico genera un campo elettrico che accelera gli ioni carichi che, nel loro percorso creano il tipico pennacchio di scarico di plasma capace di spingere un veicolo spaziale. Questo processo, ha il vantaggio di consumare pochissimo. Basti pensare che il propulsore a effetto Hall installato sul veicolo spaziale SMART-1 dell’Agenzia Spaziale Europea in 13 mesi ha consumato circa 60 kg di xeno. Inoltre, lo xeno è un gas non reattivo, per cui non può esplodere rendendo questo combustibile anche sicuro. La propulsione generata da questo tipo di motori è più piccola rispetto a quella generata dai motori chimici, ma la sua efficienza è tale che può alimentare le navette fino a portarle alla velocità nominale di circa 112.000 miglia orarie risultando essere circa 10 volte più efficienti dei motori a propulsione classici.

Tali propulsori, sono già in uso da parecchi anni. Sin dal 1971 sono in orbita, montati sui satelliti geostazionari come propulsori per la loro stabilizzazione. Non sono stati utilizzati nei viaggi spaziali, proprio per la mancanza dell’ottimizzazione della durata e dell’efficienza. I classici propulsori effetto Hall, garantiscono infatti una vita media di 10.000 ore oltre le quali, il flusso di plasma degrada significativamente le pareti del motore rendendolo inutilizzabile.

Ionica01

Un viaggio spaziale importante, come quello che si progetta su Marte, richiederebbe almeno il triplo delle ore di durata per poter essere effettuato in sicurezza.

Sulla base di queste esperienze, un gruppo di fisici francesi è riuscito nell’intento di creare un prototipo di propulsore in grado di consentire un lunghissimo viaggio nello spazio profondo. Questo propulsore fa dell’efficienza la sua arma migliore, infatti, è in grado di consumare fino a 100 milioni di volte in meno il carburante utilizzato dalle normali navette a combustibile chimico. I fisici sono riusciti anche nell’intento di eliminare il danneggiamento fisico delle parti interne del motore. Hanno spostato l’anodo (elettrodo positivo) al di fuori del campo magnetico ottenendo così un propulsore senza pareti, quindi senza i vincoli sia del degrado della struttura che della limitazione della spinta (l’anodo, nella prima versione era posto all’interno del campo magnetico e questo lo faceva interagire con la nube di elettroni riducendo le prestazioni di spinta).

Ionica02

Sicuramente si sono fatti grossi passi in avanti nella ricerca e sperimentazione dei propulsori ionici, ma tanto ancora bisogna fare e capire. Julien Vaudolon, l’autore principale dello studio, ha pubblicato i risultati di questa ricerca confermando i buoni risultati raggiunti, ma anche i numerosi dubbi che si sono aperti e che sono ancora da chiarire.

La conclusione è che grandi miglioramenti sono stati compiuti in questa direzione, però si è ancora lontani dall’aver compreso chiaramente come funziona la fisica dei propulsori ionici. Altre ricerche e studi dovranno essere condotti e i costi sono molto elevati. Le speranze sono grandi, però lungi dall’essere pronti ad utilizzare tali propulsori come motori delle prossime spedizioni spaziali.

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Nov 052015
 

work-in-progress

Come molti di voi avranno notato, in questi giorni alcune cose sul sito stanno cambiando a partire dalla HOME PAGE. Ho avviato, infatti, un profondo aggiornamento del sito che mi richiederà del tempo (e lavoro), ma credo fosse necessario al fine di renderlo più moderno, snello e funzionale visto il numero di utenti in costante crescita e visualizzazioni record. E’ il secondo restyling profondo che effettuo dalla nascita di queste pagine alle quali ho sempre dedicato parecchio tempo per l’aggiornamento sia grafico, ma soprattutto dei contenuti. Le pagine resteranno attive, ma vi chiedo scusa anticipatamente se qualcosa non dovesse funzionare a dovere; vi assicuro che presto tutto tornerà normale e queste pagine saranno ancora più fruibili e ricche di prima.

Grazie per la fiducia e la simpatia che mi accordate sempre.

Prof. Betto

Nov 012015
 
SE TI PIACE VOLTALO SU:logo

Per noi è scontato aprire il rubinetto, versarci dell’acqua e fare una bella bevuta. Purtroppo nel mondo esistono paesi dove il livello di contaminazione dell’acqua è tale da renderla imbevibile oltre che portatrice di malattie come il tifo.

La Tanzania è uno di quei paesi dove le malattie legate ai batteri presenti nell’acqua mietono ogni anno migliaia di vittime soprattutto tra i bambini.

Portraits and documentary images of Dr. Askwar Hilonga, top 4 finalists in the inaugural Africa Prize for Engineering Innovation. Dr. Askwar Hilonga has written 37 papers on nano technology and has used his nano technology knowledge to develop a water filter system that can be customised to each individual customer depending on their particular environment. The Africa Prize for Engineering Innovation aims to stimulate, celebrate and reward innovation and entrepreneurship in sub-Saharan Africa. The Africa Prize encourages ambitious and talented sub-Saharan African engineers from all disciplines to apply their skills to develop scalable solutions to local challenges, highlighting the importance of engineering as an enabler of improved quality of life and economic development. Crucial commercialisation support will be awarded to a shortlist of innovative applicants through a six month period of training and mentoring. Following this period of mentorship, finalists will be invited to present at an event held in Africa and a winner will be selected to receive £25,000 along with three runners-up who will be awarded £10,000 each. - See more at: http://www.raeng.org.uk/grants-and-prizes/international-research-and-collaborations/africa-prize#sthash.iS70GWnC.dpuf

Un ingegnere chimico della Tanzania, il prof. Askwar Hilonga, ha lavorato a lungo per risolvere questo problema che attanaglia il suo paese, soprattutto alla ricerca di un sistema economico, facile da realizzare e esportabile su larga scala compatibile con i problemi economici e tecnologici di un paese come il suo. E alla fine ha raggiunto il suo obiettivo. Si tratta di una serie di semplici secchi, collegati tra di loro mediante piccoli tubicini contenenti strati di microorganismi definiti buoni, capaci di nutrirsi dei batteri patogeni (portatori di malattie) e delle tossine. I secchi contengono pure, una serie di nanomateriali che hanno la funzione di filtro trattenendo impurità pesanti come pesticidi e metalli.

Acqua02

In questo modo, in pochi minuti, questo sistema di filtraggio è in grado di eliminare il 99,9% degli inquinanti presenti nell’acqua rendendola assolutamente pura e potabile.

Askwar Hilonga, è già riuscito a installare questo sistema in molte delle comunità dove il tifo miete tante vittime, ottenendo anche un importante riconoscimento per l’innovazione proprio nel continente africano.

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Ott 302015
 

Ogni anno è un grande successo e siete tanti che venite a trovarci. La nostra scuola si apre al territorio, agli alunni delle scuole elementari, alle loro famiglie, ai curiosi e a tutti quelli che hanno voglia di conoscerci.

Laboratori, professori, classi e tutti gli spazi saranno a vostra disposizione nelle ore stabilite dei giorni di apertura. Potrete così toccare con mano le attività, l’impegno e il lavoro che ognuno di noi ogni giorno spende all’interno di questi spazi. I bambini potranno così partecipare alle nostre lezioni, vedere le attrezzature di cui dispone la scuola, diventare parte della nostra famiglia per qualche ora in modo da poter decidere serenamente se passare con noi i futuri tre anni.

OpenDay2015

La cosa importante è la prenotazione. Diversi gruppi guidati dai docenti della scuola gireranno tra le aule, i corridoi, i laboratori e le classi multimediali in base agli orari di visita e numero di persone. Per cui vi raccomando la prenotazione ad uno dei recapiti della scuola apposti sulla locandina o attraverso il form di registrazione in calce a questa pagina.

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Ott 262015
 

E’ con grandissimo orgoglio che vi annuncio la nascita di un nuovo blog sulla rete, un blog che si occupa di tecnologia, un nuovo sito interamente a cura del sottoscritto. Il blog fa riferimento all’universo della casa editrice Lattes Editori di Torino con la quale collaboro oramai da circa un anno sia per quanto riguarda la stesura del nuovo libro di testo (vedi TECNOMEDIA PLUS) sia, adesso, per quanto riguarda i contenuti digitali e di aggiornamento sulla disciplina.

Signore e signori è con grande piacere che annuncio:il Technologico

Da oggi non solo educazionetecnicaonline.com ma anche ilTECHNOlogico.it, mi sdoppio sulla rete e sdoppio i contenuti digitali. Inizialmente gli articoli saranno gli stessi riveduti e corretti, ma pian piano si differenzieranno diventando unici per ogni piattaforma.

In sinergia con la casa editrice abbiamo deciso di sviluppare una finestra digitale online sulle innovazioni e sui progressi che la tecnologia e, quindi la disciplina, offrono agli studenti ma soprattutto ai docenti. La struttura in settori, semplifica l’accesso e la ricerca dei contenuti. Una ulteriore scomposizione in classi di livello aiuta il docente a districarsi tra gli articoli e gli approfondimenti e organizzarli per Unità Didattiche disciplinari. Aree dedicate ai Bisogni Educativi Speciali e alla didattica per Competenze diventeranno presto strumenti utili per il nostro lavoro quotidiano.

nuove-frontiereFiore all’occhiello “Nuove Frontiere” l’area dove metto in evidenza contenuti e curiosità, spunti e approfondimenti per i nuovi docenti, una finestra sul mondo e sulle nuove tecnologie che in ogni angolo del pianeta si stanno sviluppando.

Vi invito quindi a memorizzarvi anche questo indirizzo web, dove poter dialogare con il sottoscritto, seguirmi e diventare parte della nostra community tecnologica.

Buona navigazione a tutti sulle pagine de: iLTECHNOlogico.it dal prof. Betto

Ott 252015
 

Arcobaleno04

L’arcobaleno è un fenomeno ottico che si genera in presenza di due fattori: acqua sotto forma di goccioline sospese e luce, normalmente quella del sole ma può essere anche quella lunare o di una fonte artificiale.

Questo fenomeno, conosciuto anche come iride (dal greco iris) altro non è che un arco multicolore con sequenza rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto che si genera in cielo dopo un fenomeno temporalesco.

Approfondisco: l’iride altro non è che uno spettro di colori disposti in una sequenza come quella che l’occhio umano vede nell’arcobaleno. All’inizio questa sequenza era composta da soli 5 colori primari individuati da Isaac Newton, poi in seguito vennero introdotti anche l’arancione e l’indaco non facilmente visibili proprio per la difficoltà dell’occhio umano di distinguere i colori nella porzione del blu dello spettro visivo.

La luce, colpisce le goccioline di acqua in sospensione nell’atmosfera ottenendo per conseguenza una dispersione e una rifrazione della luce contro le pareti delle gocce stesse.

Approfondisco: la rifrazione è quel fenomeno ottico che si manifesta quando la luce viaggiando attraverso un mezzo trasparente (aria) incontra nel suo percorso un altro mezzo trasparente, ad esempio acqua o un vetro. In questo passaggio, la luce subisce un deviazione dal suo percorso abbastanza netta.

Approfondisco: il fenomeno della dispersione si accompagna con la rifrazione. Infatti, tutti sappiamo che la luce bianca è data dalla composizione dei vari colori. Quando questa luce bianca incide su una superficie trasparente come quella di un prisma, le diverse componenti della luce, avendo velocità e lunghezza d’onda diverse, deviano compiendo ciascuna un percorso diverso. La componente rossa è quella meno deviata (esterno dell’arcobaleno), il violetto, quello con frequenza minore, è il più deviato (interno dell’arcobaleno).

Arcobaleno01

Gli arcobaleni diventano visibili quando fenomeni atmosferici come i temporali, lasciano al loro passaggio una grande umidità sospesa nell’aria. La luce del sole, facendosi strada tra le nubi, incide sulle goccioline in sospensione generando questo fenomeno ottico. La migliore condizione per poter vedere un arcobaleno perfettamente definito è quella che si verifica quando il sole è basso, dietro l’osservatore e quest’ultimo si trova sotto una porzione di cielo serena e di fronte ha ancora le nubi nere del temporale.

L’arco formato da questo fenomeno ottico, è inoltre visibile quando il sole ha una inclinazione inferiore ai 42 gradi, perché la riflessione della luce da parte delle goccioline d’acqua avviene in una larga banda di angoli con la luce più intensa riflessa con un angolo di 40-42 gradi. Se il sole è più alto di questo angolo, l’arcobaleno è sotto la linea di orizzonte e non è visibile perché di solito non ci sono sufficienti goccioline di pioggia tra l’orizzonte e la terra utili a contribuire alla formazione dell’arcobaleno.

Arcobaleno03

In alcuni rari casi, un secondo arcobaleno è visibile all’esterno del primo e più scuro di questo. Il fenomeno è causato da una doppia rifrazione della luce all’interno delle goccioline generando così, con un angolo di 50-53°, questo secondo fenomeno speculare, ossia con i colori invertiti rispetto al primo. Questo secondo arcobaleno prende anche il nome di banda di Alessandro dal filosofo Alessandro di Afrodisia che lo descrisse per primo.

E’ possibile in rarissimi casi individuare anche fenomeno di tripli o addirittura quadrupli arcobaleni, che apparirebbero dallo stesso lato dove si trova il sole rendendoli molto difficili da visualizzare.

Un altro incredibile fenomeno legato a questo evento ottico è quello che consente di vedere diversi arcobaleni più piccoli all’interno del primario separati da bande di colore pastello non ritrovabili all’interno dei colori primari e non spiegabili con la geometria ottica classica. Tale fenomeno noto come arcobaleni super-numerosi, avviene quando sono presenti delle interferenze tra i raggi di luce per cui si generano dei percorsi con lunghezza d’onda leggermente diverse all’interno delle goccioline.

E’ possibile imbattersi anche in arcobaleni lunari o notturni, dovuti alla luce della luna in serate quando tra questa e l’osservatore si spandono sottili nubi. Normalmente appaiono composti di sola luce bianca a causa del fatto che la percezione umana dei colori in scarsità di illuminazione è piuttosto difficile.

Arcobaleno06

Gli arcobaleni è possibile visualizzarli anche in prossimità delle cascate o corsi d’acqua a causa dello stesso fenomeno di sospensione di goccioline d’acqua e rifrazione della luce solare.

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TRA STORIA E LEGGENDA

Pare che sia stato un astronomo persiano, Qutb al-Din al-Shirazi (1236–1311) o il suo allievo Kamal al-din al-Farisi (1260–1320) [fonte Wikipedia] coloro che per la prima volta diedero una spiegazione del fenomeno dell’arcobaleno e Isaac Newton colui che dimostrò che la luce bianca era composta da tutti i colori primari dell’arcobaleno.

L’arcobaleno proprio per la sua aurea di mistero e inspiegabilità, ha sempre colpito l’immaginario collettivo ed è entrato nella mitologia e nella fantasia come presagio positivo portatore di effetti benefici. Già nella Genesi l’arcobaleno è un segno del patto tra Dio e l’uomo, un collegamento tra cielo e terra. Anche per i greci l’arcobaleno era un segno divino, un percorso celeste creato dalla messaggera Iris per collegare il paradiso e la terra. Ma in tutte le culture troviamo segni e indicazioni legati a questo affascinante fenomeno naturale.

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Articoli1

Ott 222015
 

Flipboard_energia_iconNasce ENERGIA/EdTEC, la nuova rivista sull’energia legata al nostro sito e pubblicata sulle pagine internazionali online di FLIPBOARD, sistema molto noto e apprezzato che consente a chiunque di pubblicare riviste digitali.

La nuova nata si va ad aggiungere alle sorelle COSTRUZIONI/EdTEC, TRASPORTI/EdTEC e MATERIALI/EdTEC e farà parte del gruppo di riviste legate alle categorie di questo sito.

Molti sono oramai i lettori che hanno apprezzato i contenuti e la continuità dell’informazione sulle pagine di Flipboard e molti ci hanno anche votati.

Quindi, collegatevi anche voi, leggetene i contenuti, fate “flip” (come il mi piace di Facebook), aggiungete commenti, iscrivetevi e fateci conoscere attraverso i vostri social e i vostri gruppi di contatti.

Vi aspetto anche questa volta numerosi, attenti, curiosi.

Per accedere alla rivista basta cliccare l’apposito pulsante sul widget a destra sulla homepage, quello con l’icona uguale all’immagine che apre questo articolo, oppure direttamente da qui al seguente link:

ENERGIA/EdTEC

Troverete le altre riviste del gruppo nello stesso modo oppure ai seguenti link diretti:

COSTRUZIONI/EdTEC

TRASPORTI/EdTEC

MATERIALI/EdTEC

Buon divertimento e buona lettura a tutti…e grazie a chi mi voterà 😉

Articoli1

Ott 212015
 

Rabarbaro01

La ricerca di fonti alternative per la produzione a basso costo dell’energia elettrica, spinge i ricercatori in tutte le direzioni anche quelle più impensabili, e i risultati molte volte sono sorprendenti. E’ il caso di questa ricerca dell’Università di Tor Vergata a Roma che in collaborazione con l’Università di Hardward e la fondazione Bruno Kessler di Trento hanno realizzato e testato una nuova batteria che trae energia dal rabarbaro.

Questo innovativo processo, tra l’altro molto efficiente, sfrutta una molecola prodotta dalle piante durante il processo di fotosintesi clorofilliana chiamata chinone facilmente estraibile e a basso costo. Cosa molto importante è che si tratta di una molecola prodotta naturalmente dalle piante e non sintetizzata chimicamente in laboratorio.

Rabarbaro02

Il problema dell’attuale sistema di trasformazione dell’energia è che non è possibile accumularla. In pratica, l’energia viene prodotta in base a fenomeni naturali quali il Sole o il vento ma in assenza di questi non si può produrre. Per cui si hanno momenti di eccessiva produzione e altri con produzione al di sotto delle richieste. Il problema sta proprio nell’accumulo. Oggi questo è possibile farlo attraverso delle batterie e pile, ma i costi sono molto elevati, la quantità di energia accumulabile è ridotta e spesso i costi ambientali di questo accumulo superano questo vantaggio. Metalli inquinanti, sostanze tossiche difficilmente smaltibili sono un vero problema. Ma come ha spiegato la biologa Adele Vitale di Green Energy Storage, le nuove batterie che sfruttano il chinone del rabarbaro funzionano in maniera diversa. L’energia, viene accumulata chimicamente in serbatoi pieni di una soluzione liquida ricca di elettroliti, molecole che immagazzinano cariche elettriche.

La sperimentazione è già molto avanti e si pensa che queste batterie entreranno in commercio verso la fine del 2016 o inizio del 2017. Avranno una potenza di circa un kilowatt e costi ridottissimi. Lo scopo sarà quello di inserirle negli elettrodomestici per sganciarli definitivamente dalla rete elettrica e renderli autonomi rispetto all’impianto di casa, consentendo ulteriori risparmi sulla bolletta. Ad esempio il frigorifero funzionerà autonomamente grazie a queste.

Le nuove batterie dovrebbero avere un costo di circa un terzo di quelle attuali ed essere in grado di accumulare una grande quantità di energia in modo assolutamente green e naturale. Sono allo studio nuovi batteri più grandi capaci di produrre e accumulare quantità di energia maggiori per scopo industriale.

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Ott 192015
 
IL LEGNO#1 (L’ALBERO)
Indice Argomenti
1 GLI ALBERI
2 IL NUTRIMENTO (la linfa)
3 MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO
4 APPROFONDISCI CON I VIDEO
Prossime Lezioni sul Legno
#2 IL LEGNO (IL CICLO DI LAVORAZIONE) argomento ancora non attivo
#3 IL LEGNO (L’INDUSTRIA DEL PANNELLO)

Il LEGNO è sicuramente uno dei materiali più antichi che l’uomo ha da sempre utilizzato per una grande varietà di impieghi. E’ servito per scaldarsi, per proteggersi, per realizzare utensili. Oggi con lo sviluppo industriale anche questo materiale ha assunto ruoli e utilizzi diversi, sempre più evoluti, basti pensare al legno lamellare.

Lamellare massiccioApprofondisco: il Legno Lamellare, è un materiale composito, fatto essenzialmente di assi di legno opportunamente righettate, incollate e pressate per costituire un nuovo materiale molto resistente che supera i difetti tipici del legno massello. Viene utilizzato in ambito strutturale in edilizia.

Questo prezioso materiale è ottenuto dai tronchi dei grandi alberi, ma oggi grazie alle nuove tecnologie anche da scarti e residui ottenendo prodotti di grande qualità e resistenza: i pannelli di legno.

Ma andiamo con ordine e scopriamo questi grandi organismi presenti ovunque sul nostro pianeta: gli alberi.

GLI ALBERI

L’albero è una pianta legnosa, sviluppata in altezza dal terreno tramite un tronco che inizia a ramificare a qualche metro dal suolo. In botanica lo si distingue dagli arbusti perché questi ultimi sono privi del tronco.

ALBERI01

In natura, le piante vengono classificate in due gruppi ben distinti in virtù delle loro differenti caratteristiche riproduttive: angiospermӕ e gymnospermӕ.
Le angiospermӕ o latifoglie (piante dalle foglie larghe) sono piante che hanno un sistema riproduttivo complesso. Infatti, gli ovuli sono chiusi da un ovario in cui i semi sono raccolti all’interno di un frutto. Possono essere di tipo erbaceo oppure legnose, arbustive o arboree ed avere foglie persistenti oppure caduche. Le foglie, proprio per la loro forma, possono essere molto varie: semplici oppure formate da più foglioline, con i margini lobati, seghettati, dentellati, ecc.

Il margine delle foglie

Sono latifoglie ad esempio: il pioppo, l’ontano, la betulla, il nocciolo, il faggio, il castagno, il tiglio, l’acero, il frassino e molti altri.

Le gymnospermӕ o conifere hanno un sistema riproduttivo molto semplice. La caratteristica fondamentale di queste piante è che l’ovulo, da cui si formerà il seme, non è protetto da un ovario, ma è solo appoggiato a una foglia modificata. Ad esempio i pinoli, che sono i semi del pino, sono appoggiati a una squama della pigna e non sono racchiusi all’interno del frutto come accade, ad esempio, ai noccioli delle ciliegie.

Pigna e pinoliLe conifere, devono il loro nome alla forma conica dei loro frutti, basti pensare alle pigne appunto. Sono tutte piante legnose (alberi o arbusti), le foglie sono quasi esclusivamente aghiformi, sono piante sempreverdi con l’unica eccezione del larice.

Sono conifere gli abeti, i pini, i larici, i cedri, ecc.

Osservando un albero si nota subito una cosa. Non tutta la pianta è visibile, perché una parte scompare nel terreno. Distingueremo, per cui, una parte SOTTERRANEA, non visibile e una parte AEREA al contrario completamente visibile.

Albero_movie

Scendendo più nello specifico, possiamo individuare nell’albero 3 differenti parti:

Albero3parti_movie

Scomposizione dell’Albero

Nella parte sotterranea, troviamo le radici. Queste hanno una duplice funzione:

nutrizionale – assorbendo dal terreno le sostanze necessarie e l’acqua che poi, trasportate da un sistema efficientissimo, giungono alle foglie e ai rami più alti.

strutturale – sostegno della pianta; affondando in profondità nel terreno, realizzano un sistema di fondazioni, capace di reggere carichi notevolissimi quali le sollecitazioni dovute al vento o al peso stesso dell’albero.

Nella parte aerea, troviamo invece, il fusto e la chioma.

Il fusto ha una funzione portante come per noi lo è lo scheletro. Può variare di forma come di altezza, ed è costituito da un insieme di tessuti protettivi, di sostegno e conduttori. Il tronco è di legno, tessuto formato da fibre di cellulosa saldate fortemente tra di loro da una sostanza chiamata lignina.

Approfondisco: la Cellulosa si presenta come un materiale fibroso di colore bianco presente all’interno delle piante tenuta insieme dalla lignina (dal latino lignum=legno).

Cellulosa

Il fusto sostiene i rami e le foglie ed è costituito da un insieme di strati che assolvono a differenti funzioni. Vediamo quali sono questi strati e quali le loro funzioni:

stuttura-del-legno

Strati del tronco

  • Corteccia – è il vestito dell’albero, o meglio la corazza protettiva per gli strati più interni. E’ costituita da cellule morte spinte all’esterno dalle nuove cellule che si formano nel libro.
  • Libro – è la parte più esterna del tronco ed è anche lo strato in cui scorre, dall’alto verso il basso, la linfa elaborata attraverso la fotosintesi clorofilliana dalle foglie.
  • Cambio – è la parte fondamentale di una pianta, perché l’unica in grado di generare tessuti nuovi; ne produce di due tipi, uno verso l’esterno, ossia verso il libro, chiamato floema, ed uno verso l’interno, ossia verso la parte legnosa del tronco, chiamato xilema.
Età albero

Calcolo dell’età di un Albero

Il cambio ha un’attività periodica legata a fattori esterni (stagioni) e interni (ormonali). Questa periodicità nella crescita, genera i caratteristici anelli di accrescimento che rappresentano l’età di una pianta. Nelle zone calde, in cui il cambio stagionale non avviene, tali anelli non si evidenziano a causa di una attività cambiale continuativa (in pratica la pianta cresce sempre durante tutto l’anno). 

  • Alburno – è lo strato più esterno del durame, costituito da cellule vive che hanno lo scopo di trasportare la linfa dalle radici alle foglie.
  • Durame – è la parte più interna del tronco ed è costituita da tessuti lignificati, le cui cellule sono oramai morte. Presenta un colore più scuro ed è la parte migliore da utilizzare nell’industria mobiliera.
  • Midollo – è la parte più interna del tronco e assolve alla funzione nutritiva nei primi anni di vita della pianta. Con il passare del tempo lignifica diventando parte del durame e viene sostituito nella sua funzione dall’alburno.

La chioma è il complesso di rami e foglie che caratterizzano la parte alte delle piante. Può assumere differenti forme a seconda delle caratteristiche genetiche di ciascuna specie o in base ad operazioni esterne, quali potatura.

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IL NUTRIMENTO (La Linfa)

L’albero ottiene nutrimento attraverso la linfa che risale dalle radici immerse nel terreno fino alla parte sommitale della pianta. La linfa altro non è che una soluzione di ioni inorganici e piccole molecole di sali minerali che vengono assorbite dalla pianta attraverso quegli organi contenuti nelle radici che si chiamano peli radicali. Ma il percorso dell’acqua e solo all’inizio, perché partendo dal basso della pianta deve raggiungere altezze in alcuni casi incredibili (vedi le sequoie americane alte più di 100 m). Come fa la natura a spingere l’acqua contro gravità fino a queste altezze? Il fenomeno avviene in tre differenti modi contemporaneamente. Per pressione radicale, capillarità e traspirazione. L’azione dei tre modi avviene sinergicamente: la pressione radicale e la capillarità spingono l’acqua dal basso, mentre la traspirazione la tira su dall’alto.

Risalita linfa

Percorso della linfa dalle radici alla chioma

Approfondisco: la Pressione Radicale o Osmosi,  è quel fenomeno per cui tra due liquidi di uguale composizione ma con densità diversa, separati da una membrana attraversabile, si genera una differenza di concentrazione. Nel caso della pianta si genera una differenza di pressione tra i sali nel terreno e sali maggiormente concentrati all’interno della pianta generando in questo modo quella che viene definita “pressione radicale” che è in grado di spingere l’acqua a grosse altezze.

Approfondisco: la Capillarità è quando un liquido scorre verso l’alto a causa della forza di adesione delle molecole in un condotto molto stretto. Nella pianta, a causa della dimensione microscopica dei condotti xilematici che trasportano l’acqua al suo interno, questo fenomeno è molto evidente. In pratica, esiste una forza di adesione tra le molecole d’acqua e le pareti del condotto e una forza di coesione tra le molecole dell’acqua. A causa della dimensione ridottissima del condotto, la forza di adesione supera quella di coesione per cui l’acqua risale.

Approfondisco: la Traspirazione è un fenomeno naturale che dipende dalla natura e dimensione della chioma e dall’intensità del calore solare. L’acqua, per effetto del calore, passa dallo stato liquido a quello di vapore. La perdita di quest’acqua per evaporazione, genera all’interno dei capillari in cui scorre la linfa, una depressione di alcune atmosfere che aspira l’acqua verso l’alto consentendole di superare le grandi altezze degli alberi.

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STRUTTURA DELL’ALBERO Video 2
Durata: 1:04 Durata: 0:00
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Ott 152015
 

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La notizie è di quelle che lasciano il segno. La Boeing, la famosissima industria americana aerospaziale, investe ogni anno cifre considerevoli nella ricerca al fine di realizzare nuovi materiali in grado di rendere i propri aerei più leggeri e capaci di consumare sensibilmente di meno.

Boeing03Grazie ai ricercatori dell’Università della California, dell’HRL Laboratories e dall’istituto Irvine, sono riusciti a creare un nuovo materiale, un polimero 3D, il cui peso è pari a quello di una piuma, pur conservando la resistenza meccanica di un metallo. Il nuovo materiale, è composto al 99,99% di aria, mentre il resto da un micro-reticolo di tubi di metallo cavi con una spessore di parete 1.000 volte più sottile di un capello umano. Il principio ispiratore di questa struttura è la composizione delle ossa umane, resistentissime ma leggere perché costituite da una struttura spugnosa all’interno in grado di far passare nervi e capillari.

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Questo nuovo materiale consentirà, come spiegato dalla dottoressa Sophya Yang degli HRL Laboratories, di realizzare elementi esterni ed interni dei nuovi aeroplani, permettendo di abbassare enormemente il peso dei veicoli e conseguentemente di ottimizzarne i consumi.

La ricerca è iniziata nel 2011, ma i risultati odierni fanno compiere un enorme passo in avanti ad un settore in continua evoluzione. Questo nuovo materiale renderà fattibili molti dei progetti e dei sogni che fino ad ora siamo stati abituati a vedere solo nei film di fantascienza.

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